Digitale il 17% dei comuni industriali

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Le risorse per Industria 4.0 sono in manovra. Nel frattempo si moltiplicano eventi di formazione e incontri pubblici per preparare il salto culturale delle imprese, soprattutto di quelle medio piccole. Ma c’è ancora un dato che alimenta preoccupazione in vista dell’attuazione degli obiettivi del piano: nei Comuni italiani che ricadono in un’area distrettuale la copertura della banda utralarga è spesso vicina allo zero virgola, atro che digitalizzazione dell’industria.

Il target fissato dal governo – tutte le imprese raggiunte da almeno 30 megabit/secondo entro il 2020 e il 50% da almeno 100 mega – se non è particolarmente ambizioso confrontato con le medie già raggiunte in Europa, diventa quasi una sfida eroica di fronte alla nostra attuale fotografia. Il dato nazionale di copertura della banda ultralarga nel 2016 arriva in termini di unità immobiliari raggiunte a un poco entusiasmante 35,4%, che scende all’11% considerando i 100 mega.

Ma dove l’industria produce, paradossalmente, va anche meno bene. Solo il 17% dei Comuni che ricadono nel territorio dei distretti industriali, 375 su 2.105, è in qualche misura raggiunto dai 30 megabit/al secondo, che si tratti di coperture vicino al 100%, percentuali irrisorie o dati nel mezzo tra questi tra due estremi. Di questi, 308 Comuni arrivano a 100 mega. Solo 217 Comuni si trovano in Regioni dove, nel 2016, la copertura a 30 mega risulta superiore al 30%, 1.169 è in Regioni dove non si arriva al 25%. Numeri in buona parte influenzati dalla performance della Lombardia, che conta ben 837 Comuni “distrettuali”. Se invece si considera l’obiettivo dei 100 mega, proprio la Lombardia si distingue in positivo, insieme al Lazio, per un totale di 853 Comuni che hanno già una copertura superiore al 20%.

Questi dati si possono elaborare dall’Osservatorio Statisticheimpresa 2.0 del ministero dello Sviluppo che a sua volta utilizza tra le fonti Istat e il sito www.bandaultralarga.italia.it. L’Osservatorio, curato da Fabrizio Carapellotti e Paola Ribaldi della Direzione politica industriale, raccoglie dati su tutti i principali trend industriali, ha vinto nel 2014 il premio eGov ed è stato tra i progetti vincitori del Premio Innovazione Smau 2016. I file dell’Ossservatorio ci dicono che nessun Comune distrettuale di Lazio, Abruzzo, Umbria, Sardegna, Liguria, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige risulta coperto. Nelle Marche solo 8 su 168, in Emilia Romagna 7 su 109, in Piemonte 7 su 195, in Lombardia 57 su 837. Molto meglio Veneto (200 su 415), Toscana (57 su 97), Campania (20 su 61) e Puglia (19 su 25). È una cartina con tanti spazi bianchi e qui e là qualche eccezione sparsa. Per citare alcuni esempi, Lumezzane (meccanica), Solofra (pelli), Tempo Pausania (beni per la casa), Todi (alimentare), Omegna (meccanica) ad oggi non arrivano ai 30 megabit. Montebelluna (pelli-cuoio-calazature) è al 12,3% di copertura, Pistoia (tessile) e Arezzo (gioielli) si distinguono rispettivamente con il 52% e 46%, Gioia del Colle (alimentare) con l’81%. A conti fatti, la mappa dei poli industriali segnala l’urgenza di avviare la seconda fase del Piano banda ultralarga, che dopo i bandi di gara già lanciati per le “aree bianche” dovrà rivolgersi in modo più mirato alle “aree grigie”. La doppia strategia governativa è anche un modo per saggiare i tempi di risposta della Commissione europea. Per ottenere il via libera all’intervento diretto dello Stato nelle aree bianche, quelle a fallimento di mercato, ci sono voluti più di 10 mesi. Il processo di notifica relativo alle aree grigie, quelle dove è presente un solo operatore tlc e dove si concentra il 69% delle aziende italiane, non è ancora stato avviato; la Ue conosce le linee generali del piano, che prevedono voucher per gli utenti finali e un credito d’imposta per i gestori, ma l’iter prenderà almeno tutto il 2017.

Una cosa è certa. Il tessuto industriale dovrà rispondere molto rapidamente a un’ondata di trasformazioni digitali basata su open data, sensoristica, cloud, intelligenza artificiale. Una spinta in più potrebbe arrivare dagli iperammortamenti al 250%, l’agevolazione fiscale inserita nela legge bilancio che entrerà in vigore il 1° gennaio 2017. Tra gli investimenti agevolabili rientreranno anche gli interventi di cablatura interna, a patto che si tratti di beni con coefficiente di ammortamento superiore al 6,5%.

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