Uber: altra sentenza restituisce patente e auto a Torino

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Il giudice di pace ha annullato i verbali dei vigili di Torino: “Se manca la norma, non si può sanzionare”.
Ma allora, Uber è un taxi abusivo sì o no? Secondo la sentenza 1760/15, pubblicata dalla seconda sezione civile del giudice di pace di Torino (magistrato onorario Marco Carlo Alberto Boretti), no. Perché il codice della strada nulla dice in merito, e di conseguenza il driver sanzionato dai vigili ha ragionare a contestare la multa e il sequestro dell’auto. Tutto da annullare. Infatti, l’app californiana che prenota l’auto via smartphone integra un contratto di trasporto diverso dal servizio su piazza: va disciplinata a livello Ue, ma ha punti in comune con Ncc e car sharing, che sono legali. Integra un mero contratto privato di trasporto che differisce dal servizio su piazza disciplinato dalla legge quadro 21/1992. E ciò perché non prevede né stazionamento né obbligatorietà nelle aree comunali. Tutt’al più, l’app ha qualche punto in comune con il noleggio con conducente e soprattutto con il car sharing come “bla bla car”, che pure è ritenuto legale.

OPPOSIZIONE ACCOLTA – È stata così accolta l’opposizione alla sanzione amministrativa proposta dalla driver di Uber assistita dall’avvocato Matteo Repetti: stracciati i tre verbali inflitti dalla polizia municipale all’autista con sequestro dell’auto finalizzato alla confisca e sospensione della patente. Come SicurAUTO.it ha già avuto modo di dire, il nostro legislatore non è stato al passo dell’evoluzione tecnologica. Nel codice della strada ci sono regole vecchie, antiquate, che nulla hanno a che fare con smartphone; e senza regole, non si può multare nessuno. Non è certo la prima sentenza a favore dei driver e di Uber, a testimonianza che le leggi in Italia, sotto questo profilo, fanno acqua da tutte le parti.

L’OBIETTIVO DELL’UNIONE EUROPEA – Servizi come Uber devono essere regolamentati, magari a livello comunitario, dice il magistrato. Ed è proprio in questa direzione che l’Ue si sta muovendo, per dare la sveglia ai governi rimasti indietro rispetto alle novità tecnologiche. Un’arretratezza pericolosa, visto che il “conflitto” Uber-taxi alimenta tensioni fortissime, specie a Milano. La Commissione Ue sta valutando la possibilità di normare in tutta Europa l’applicazione che cerca di farsi un mercato nei singoli Paesi tra regole vecchie, astruse, equivoche. Non adeguate a un’app che tenta di farsi strada dal 2012. Norme che causano equivoci e, alla fine, le proteste dei tassisti. Lo riferisce il Financial Times citando alcune fonti, secondo le quali la Commissione “sostiene lo sviluppo di nuovi e innovativi servizi di mobilità”. A Bruxelles sono in corso ricerche dettagliate in merito al mercato dei taxi e ai servizi forniti dalla società di San Francisco. Alla fine, le analogie fra Uber e Ncc si limitano al fatto che entrambi si rivolgono a un pubblico indifferenziato senza accaparramento di clientela allo stazionamento dei veicoli. L’app integra una mero contratto di trasporto che di regola è consensuale, obbligatorio e non solenne. E lo sviluppo di Internet ha già favorito servizi di analoghi leciti. Comunque, le spese sono compensate: il driver si paga da sé il proprio avvocato, nonché le spese dovute per il giudizio.

DOV’È IL GUAIO – E le cose sono ancora più complicate se si parla di UberPop, l’evoluzione di Uber: il taxi privato, con un cittadino che scarrozza per la città l’utente. In questo caso, le regole sono ancora più contraddittorie, incerte, vecchie. Serve liberalizzare, rendere tutto chiaro e trasparente, al fine di evitare tensioni fra lavoratori, e per tutelare il cittadino. Uber è un’applicazione che permette di prenotare un’auto con conducente in tempo reale direttamente dallo smartphone. Proprio per questo i tassisti di Milano, la prima città italiana in cui è partito il servizio già presente in Europa, si sono visti mettere nel mani nel paniere, lamentando da subito che le auto nere di Uber sono abusive. Vedendo altra concorrenza in giro per Milano (oltre al car sharing Car2Go ed Enjoy) i tassisti hanno protestato. Perché le auto a noleggio con conducente di Uber non rispetterebbero le disposizioni di una legge vecchia che risale al governo Andreotti, quando i cellulari erano uno status symbol e Internet non esisteva ancora. La legge numero 21 del 1992 disciplina il trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea; sostanzialmente taxi e auto a noleggio con conducente. L’articolo 3 della suddetta legge riporta che “il servizio di noleggio con conducente si rivolge all’utenza specifica che avanza, presso la sede del vettore, apposita richiesta per una determinata prestazione a tempo e/o viaggio. Lo stazionamento dei mezzi avviene all’interno delle rimesse o presso i pontili di attracco”. Questo, secondo le proteste dei tassisti, sarebbe già sufficiente a protestare contro la concorrenza abusiva, poiché il cliente sarebbe in contatto diretto con l’autista e non con un centralino, ed inoltre le vetture Uber non rientrerebbero mai nei garage se non a fine servizio. Questa tesi è mossa dalla possibilità, per chi ha prenotato un’auto a noleggio con conducente tramite l’applicazione Uber, di vedere attraverso lo smartphone dove si trova l’auto e in caso di necessità, ad esempio se è cambiato il luogo d’incontro precedentemente comunicato al server, informare l’autista.

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