Conflitto di interesse


In esito a quanto richiesto con nota del 15 gennaio 2015, prot. 390/2015, acquisita al prot. n. 10354 del 2 febbraio 2015, si rappresenta che il Consiglio dell’Autorità, nell’adunanza del 25 febbraio 2015, ha approvato le seguenti considerazioni.

Si richiama in via preliminare l’art. 6-bis («conflitto di interessi») della l. 241/1990 – introdotto dall’art. 1, comma 41, della l. 190/2012 – ai sensi del quale «il responsabile del procedimento e i titolari degli uffici competenti ad adottare i pareri, le valutazioni tecniche, gli atti endoprocedimentali e il provvedimento finale devono astenersi in caso di conflitto di interessi, segnalando ogni situazione di conflitto, anche potenziale».
La disposizione stabilisce, da un lato, l’obbligo di astensione per i soggetti ivi indicati, ad adottare gli atti endoprocedimentali ed il provvedimento finale, nel caso di conflitto di interesse anche solo potenziale; dall’altro, un dovere di segnalazione a carico dei medesimi soggetti.
Come chiarito dal Piano Nazionale Anticorruzione (PNA) (All. 1, par. B.6), la predetta disposizione persegue una finalità di prevenzione che si realizza mediante l’astensione dalla partecipazione alla decisione (sia essa endoprocedimentale o meno) del titolare dell’interesse, che potrebbe porsi in conflitto con l’interesse perseguito mediante l’esercizio della funzione e/o con l’interesse di cui sono portatori il destinatario del procedimento, gli altri interessati e i contro interessati.
Lo stesso PNA precisa al riguardo che la norma va coordinata con le disposizioni del d.p.r. 16 aprile 2013, n. 62 (Regolamento recante codice di comportamento dei dipendenti pubblici, a norma dell’articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165) il quale – dopo aver evidenziato, all’art. 3, che il dipendente pubblico deve conformare la propria condotta ai principi di buon andamento e di imparzialità dell’azione amministrativa, agendo in posizione di indipendenza e imparzialità, astenendosi in caso di conflitto di interessi – stabilisce all’art. 7 («obbligo di astensione») che «il dipendente si astiene dal partecipare all’adozione di decisioni o ad attività che possano coinvolgere interessi propri, ovvero di suoi parenti, affini entro il secondo grado, del coniuge o di conviventi, oppure di persone con le quali abbia rapporti di frequentazione abituale, ovvero, di soggetti od organizzazioni con cui egli o il coniuge abbia causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito significativi, ovvero di soggetti od organizzazioni di cui sia tutore, curatore, procuratore o agente, ovvero di enti, associazioni anche non riconosciute, comitati, società o stabilimenti di cui sia amministratore o gerente o dirigente. Il dipendente si astiene in ogni altro caso in cui esistano gravi ragioni di convenienza. Sull’astensione decide il responsabile dell’ufficio di appartenenza».

Tale disposizione contiene una tipizzazione delle relazioni personali o professionali sintomatiche del possibile conflitto di interesse e contiene anche una clausola di carattere generale in riferimento a tutte le ipotesi in cui si manifestino gravi ragioni di convenienza.
In relazione a siffatte situazioni, il PNA (All. 1) precisa, quindi, che «la segnalazione del conflitto deve essere indirizzata al dirigente, il quale, esaminate le circostanze, valuta se la situazione realizza un conflitto di interesse idoneo a ledere l’imparzialità dell’agire amministrativo. Il dirigente destinatario della segnalazione deve valutare espressamente la situazione sottoposta alla sua attenzione e deve rispondere per iscritto al dipendente medesimo sollevandolo dall’incarico oppure motivando espressamente le ragioni che consentono comunque l’espletamento dell’attività da parte di quel dipendente. Nel caso in cui sia necessario sollevare il dipendente dall’incarico esso dovrà essere affidato dal dirigente ad altro dipendente ovvero, in carenza di dipendenti professionalmente idonei, il dirigente dovrà avocare a sé ogni compito relativo a quel procedimento. Qualora il conflitto riguardi il dirigente a valutare le iniziative da assumere sarà il responsabile per la prevenzione».
La violazione sostanziale della norma, che si realizza con il compimento di un atto illegittimo, dà luogo a responsabilità disciplinare del dipendente, suscettibile di essere sanzionata con l’irrogazione di sanzioni all’esito del relativo procedimento, oltre a poter costituire fonte di illegittimità del procedimento e del provvedimento conclusivo dello stesso, quale sintomo di eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento della funzione tipica dell’azione amministrativa (All. 1 PNA).
Le disposizioni normative sopra richiamate e le indicazioni del PNA in materia, mirano dunque a prevenire situazioni di conflitto di interessi che possano minare il corretto agire amministrativo.
Tali situazioni si verificano quando il dipendente pubblico (rup e titolari degli uffici competenti ad adottare i pareri, le valutazioni tecniche, gli atti endoprocedimentali e il provvedimento finale) è portatore di interessi della sua sfera privata, che potrebbero influenzare negativamente l’adempimento dei doveri istituzionali; si tratta, dunque, di situazioni in grado di compromettere, anche solo potenzialmente, l’imparzialità richiesta al dipendente pubblico nell’esercizio del potere decisionale. La ratio dell’obbligo di astensione, in simili circostanze, va quindi ricondotta nel principio di imparzialità dell’azione amministrativa e trova applicazione ogni qualvolta esista un collegamento tra il provvedimento finale e l’interesse del titolare del potere decisionale.
Peraltro il riferimento alla potenzialità del conflitto di interessi mostra la volontà del legislatore di impedire ab origine il verificarsi di situazioni di interferenza, rendendo assoluto il vincolo dell’astensione, a fronte di qualsiasi posizione che possa, anche in astratto, pregiudicare il principio di imparzialità.
L’obbligo di astensione, dunque, non ammette deroghe ed opera per il solo fatto che il dipendente pubblico risulti portatore di interessi personali che lo pongano in conflitto con quello generale affidato all’amministrazione di appartenenza.
E’ quanto affermato, sul tema, anche dall’Autorità che, con Orientamento n. 95 del 7 ottobre 2014, ha espresso avviso per cui «nel caso in cui sussista un conflitto di interessi anche potenziale, l’obbligo di astensione dei pubblici dipendenti di cui all’art. 6 bis, della legge n. 241/1990 costituisce

una regola di carattere generale che non ammette deroghe ed eccezioni». Il medesimo principio è stato espresso nell’Orientamento n. 78 del 23 settembre 2014.
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Sulla base delle considerazioni svolte, va dunque esaminata la fattispecie.
Nel caso in esame, il responsabile di settore ha segnalato al segretario comunale, in qualità di responsabile della prevenzione della corruzione, che il difensore dell’ex dipendente dell’ente – che ha presentato la parcella oggetto del procedimento di rimborso – è altresì difensore dello stesso responsabile di settore in vari giudizi ancora pendenti; inoltre il predetto ex dipendente è citato, in qualità di testimone, in alcuni dei giudizi in cui lo stesso responsabile è direttamente interessato.
In simili circostanze, stante il rapporto diretto e di fiducia del responsabile di settore con il difensore dell’ex dipendente dell’ente ed il ruolo di quest’ultimo (testimone in alcuni giudizi in cui lo stesso responsabile è direttamente coinvolto), sembra sussistere un coinvolgimento della sfera privata del predetto responsabile di settore nel procedimento de quo, tale da configurare la sussistenza di un potenziale conflitto di interessi.Circostanza, questa, che alla luce dell’avviso espresso in precedenza, determinerebbe un obbligo di astensione da parte dello stesso responsabile, trattandosi di una situazione potenzialmente idonea a minare le condizioni di imparzialità richieste nell’esercizio della sua funzione.
Al riguardo, tuttavia, sembra opportuno evidenziare che sulla base delle chiare indicazioni del PNA sul tema, la valutazione della specifica fattispecie è rimessa al dirigente destinatario della segnalazione, il quale deve rispondere per iscritto al dipendente medesimo sollevandolo dall’incarico – ed individuando, in tal caso, altro dipendente quale responsabile del procedimento – oppure motivando espressamente le ragioni che consentono comunque l’espletamento dell’attività da parte del dipendente stesso.

Alla luce di quanto sopra, l’Autorità ha approvato il seguente orientamento.

Orientamento n. 6/2015
Ai sensi dell’art. 6-bis della l. 241/1990, in combinato disposto con l’art. 7, co. 1, del d.p.r. 62/2013 e delle indicazioni contenute nell’Allegato 1 del PNA, sussiste un potenziale conflitto di interessi in capo al rup nel caso in cui, in ordine ad un procedimento relativo al rimborso delle spese legali in favore di un ex dipendente di un ente locale, tale difensore presti la propria attività professionale in favore dello stesso responsabile del procedimento e l’ex dipendente sia chiamato, in qualità di testimone, ad intervenire in giudizi in cui il rup è direttamente interessato.

Parole chiave: Conflitto di interessi – responsabile del procedimento – art. 6-bis l. 241/1990 e art. 7, co. 1, d.p.r. 62/2013.

Raffaele Cantone
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