Riforma del Titolo V: percorso obbligato


Le Regioni devono cambiare pelle e dovrebbero procedere lungo un percorso che le riporti all’origine, al motivo per cui furono pensate dal Costituente. Ne è convinto il presidente della Conferenza delle Regioni, Sergio Chiamparino che intervenendo al convegno “Titolo V: Pubblica amministrazione, regole della finanza pubblica e mercati” (organizzato da Corte dei conti, Consiglio di Stato e Unicredit) ha ricordato che “la questione vera è far diventare le Regioni degli enti in cui la programmazione sia prevalente. In questi anni le Regioni sono diventate più soggetti di gestione che di programmazione”.
In Italia però si segue la logica del pendolo e il pendolo ciclicamente oscilla: ora verso le Regioni, ora verso lo Stato, ha spiegato Chiamparino.
E forse è il momento di abbandonare questo tipo di approccio. E a questo proposito il presidente della Conferenza delle Regioni ha proposto un esempio.
“Il sistema sanitario italiano è uno dei migliori al mondo in termini di rapporto costi-benefici, con tutte le differenza tra le regioni, meglio o peggio amministrate. Ma tutto questo è stato possibile perché c’è stata la capacità di confronto e condivisione tra le politiche territoriali e quelle centrali. Le regioni – ha concluso il presidente Chiamparino – hanno fatto cioè pesare le loro esperienze territoriali in uno schema nazionale definito”.
Per il ministro dello sviluppo economico, Federica Guidi, la riforma del Titolo V della Costituzione è una strada obbligata: “rappresenta oggi un punto importante della riforma costituzionale: si deve cercare giusto equilibrio tra la centralità dell’interesse nazionale e il ruolo degli enti locali”.
“Ci sono molti strumenti, ad esempio, che tra governo centrale ed enti locali creano veti incrociati, rallentando iniziative e scoraggiando gli investimenti – ha aggiunto Guidi – la riforma del Titolo V è quindi un processo necessario e indispensabile per ristabilire una governance politica industriale in Italia. Il tessuto produttivo soffre di questa spaccatura istituzionale” e oggi “abbiamo l’opportunità di ammodernare la macchina dello Stato”.
Il ministro della Pubblica Amministrazione, Marianna Madia, è ancora più critica: “il Titolo V in questi anni ha provocato una serie di conflitti di attribuzione, spesso ci siamo trovati di fronte uno Stato che non riusciva a dare risposte adeguate ai suoi cittadini”. Per questo è fondamentale “fare la riforma del Titolo V con quella della Pubblica Amministrazione – ha aggiunto Madia – l’obiettivo delle due riforme, infatti, è lo stesso: avere uno Stato più snello, più efficace, più vicino ai suoi cittadini. La riforma della P.A. avrà successo solo se riusciremo ad avere uno Stato che sia veramente un corpo unico”.
Raffaele Squitieri, presidente della Corte dei Conti, si è soffermato sulla valorizzazione e sul ruolo della magistratura contabile: “il Parlamento si è reso conto dell’esigenza della Corte dei Conti e del Paese, di garantire un controllo puntuale, oggettivo delle risorse pubbliche. La Corte deve assolvere ad un compito non facile, quello del coordinamento della finanza pubblica, ha il dovere di garantire l’unità economica della Repubblica. Gli anni trascorsi dalla riforma del titolo V non sono passati invano – ha aggiunto Squitieri – di positivo c’è stata la creazione di centri autonomi, indipendenti, di spesa. E’ poi importantissima la funzione della Corte dei Conti legata al compito di accompagnare la gestione degli enti locali lungo un percorso virtuoso, una gestione oculata, accompagnare i Comuni nella rielaborazione di progetti di risanamento”.
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