Le 1.300 sedute fantasma


dei consiglieri di Agrigento e in città scoppia la rivolta.

Manifestazioni e cartelli in strada per lo scandalo delle commissioni “Convocate solo per intascare i gettoni, sprecati 300mila euro in un anno”.

Il tam tam corre sul web, in pochi giorni sono seimila quelli che aderiscono al gruppo #Noisiamoaltro #Agrigentomanifesta . Ma a prendere tutti in contropiede sono i mille che improvvisamente si ritrovano a Porta di Ponte alle otto di sera per marciare sul Comune mentre le telecamere di Ballarò raccontano all’Italia intera che cos’è la “malapolitica” messa all’indice dal neo-presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Perché qui dove l’acqua continua ad arrivare nei rubinetti delle case solo ogni quattro giorni mentre le bollette sono le più care d’Italia, dove il Comune sull’orlo del dissesto “sostiene” con assegni da 28 euro all’anno famiglie indigenti con figli disabili, dove centinaia di dipendenti pubblici sono indagati per essere rimasti a casa ad assistere ipotetici familiari malati, qui non ha mai protestato nessuno, la rassegnazione l’ha sempre avuta vinta. E invece lo scandalo di quei 30 consiglieri comunali che in un anno, riunendosi ben 1.133 volte senza produrre alcunché, hanno intascato gettoni di presenza per quasi 300.000 euro, fa rinascere improvvisamente la voglia di indignarsi.

In via Atenea, il salotto buono di Agrigento, la crisi ha il volto di due negozi su tre con le saracinesche abbassate e il cartello “affittasi”. È su quelle vetrine che ieri sono i comparsi i volantini della rivolta, affissi dagli agrigentini di #Noisiamoaltro che provano a ripercorrere la strada segnata dieci anni fa a Palermo dai giovani di Addiopizzo. “Un popolo che non si ribella è un popolo senza dignità”, è lo slogan che gridano sotto le finestre di un Comune ormai sotto un duplice assedio: quello della gente, strangolata dalla crisi e umiliata dal malaffare che prosciuga le poche risorse pubbliche che arrivano nelle casse di un’amministrazione prossima al dissesto, e quello della Procura della Repubblica che sta stringendo il cerchio sullo scandalo dei gettoni delle commissioni consiliari ma anche sulle tangenti che alcuni di quegli stessi consiglieri avrebbero ricevuto per approvare alcune varianti al piano regolatore generale che, come nel più classico dei copioni, farebbero quintuplicare il valore di alcuni terreni che diventerebbero edificabili. Due blitz in due giorni nello storico palazzo di città che da mesi (dopo le dimissioni del sindaco Marco Zambuto, travolto dalla legge Severino a seguito di una condanna per abuso d’ufficio in primo grado poi cancellata in appello) è amministrato da un commissario in attesa delle elezioni in programma in primavera. Prima la Guardia di Finanza che indaga sul caso delle commissioni consiliari, e ieri la Digos che ha sequestrato, alla vigilia della seduta decisiva del consiglio comunale prevista per questa sera, tutte le carte relative al piano regolatore. Tutta documentazione finita sul tavolo del procuratore aggiunto Ignazio Fonzo che coordina il pool pubblica amministrazione.

Per strada, al bar, la gente fa i conti in tasca ai 30 consiglieri comunali: 1.133 sedute delle sei commissioni consiliari permanenti nel corso del 2104, sedute di pochi minuti che non hanno prodotto praticamente nulla e sono costate al Comune quasi 300 milioni di euro e portato mediamente nelle tasche di ogni consigliere circa 10mila euro. Cifre enormi se comparate con quelle di qualsiasi Comune, soprattutto se si considera che, nella speciale classifica della vivibilità delle città italiane, Agrigento è all’ultimo posto. E ora anche il ministero delle Finanze annuncia un’ispezione. “Bravi, portateveli tutti in carcere”, grida, mimando con le mani il gesto delle manette, un gruppo di cittadini che, nella piazza del Comune, assiste all’arrivo dei magistrati e dei poliziotti che indagano sul giro di tangenti sul piano regolatore di cui ci sarebbe prova in una pen drive contenente le conversazioni tra alcuni consiglieri che parlano delle mazzette intascate. È una campagna elettorale al vetriolo quella che si preannuncia in una città dove la Lega nord prova a fare breccia candidando Marco Marcolin, deputato nazionale, che da Montebelluna in provincia di Treviso si è già trasferito qui da mesi. “Ognuno ha il governo che si merita – dicono gli animatori della rivolta – ora è giunto il momento di dimostrare che “noi siamo altro” da questi ladroni. La vera protesta non sarà l’atto di manifestazione contro un consiglio comunale che ha ridotto Agrigento ultima in qualsiasi classifica sulla vivibilità in Italia, ma ripartire con la consapevolezza e la convinzione che da oggi quel sistema elettivo basato sul voto “all’amico di”, al “figlio di” viene a morire. Oggi Agrigento ha la possibilità di recuperare la propria dignità, ha la possibilità di dimostrare che tutta la città si discosta da quel tipo di politica”.

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