La valutazione sostanziale della moralità professionale: nota a margine di Tar Sicilia n. 3331 del 2014

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È illegittima la revoca dell’aggiudicazione disposta dalla stazione appaltante per aver accertato che l’aggiudicatario non aveva dichiarato di esser stato condannato per omicidio colposo.
È questo il principio affermato dalla sentenza Tar Sicilia, Palermo, n. 3331 del 2014, in apparente controtendenza rispetto alla prevalente giurisprudenza amministrativa.
Nella sentenza in esame si evidenzia che la dichiarazione non veritiera del concorrente circa i propri precedenti penali, benché astrattamente idonea a ledere il vincolo fiduciario con il committente pubblico, nondimeno può rilevare quale fattore ostativo all’affidamento soltanto se la mancata dichiarazione si riferisce a reati “gravi in danno dello Stato o della Comunità che incidono sulla moralità professionale”: per il Tar Sicilia, il reato di omicidio colposo non dichiarato in gara  al di là della tragicità della vicenda  non vulnera invece un bene giuridico di diretta pertinenza dello Stato o dell’Unione Europea né incide sulla moralità professionale del concorrente, con la conseguenza che la mancata menzione di tale reato nella domanda di partecipazione è priva di rilievo ai fini dell’esclusione dalla gara ovvero ai fini della revoca dell’aggiudicazione.
Il Tar Sicilia osserva, infatti, che i provvedimenti legislativi intervenuti di recente, ed in particolare l’articolo 39 del decreto legge n. 90 del 2014, indicano un progressivo allontanamento del legislatore da una dimensione formalistica delle valutazioni che devono essere operate dalle stazioni appaltanti, e che le nuove norme testimoniano una tendenza legislativa decisamente orientata a privilegiare l’esame dell’effettivo contenuto sostanziale delle dichiarazioni dei concorrenti.
In realtà, la normativa sul punto sembrava essere chiara: ai sensi dell’articolo 38, comma 2 del decreto legislativo n. 163 del 2006, il concorrente attesta il possesso dei requisiti mediante dichiarazione sostitutiva in cui indica, fatte salve alcune eccezioni, tutte le condanne penali riportate. In coerenza a ciò, anche la pronuncia del Consiglio di Stato n. 8 del 2012 aveva evidenziato che determinano l’esclusione dalla gara di appalto le autodichiarazioni non veritiere in ordine alle condanne penali, poiché la verifica circa la gravità dei reati e la loro incidenza sulla moralità professionale spettano esclusivamente alla stazione appaltante (conformi: Consiglio di Stato n. 5674/2011, n. 2257/2011, n. 2334/2011, n. 1800/2011, n. 1909/2010, n. 1513/2010 e n. 1771/2014).
Più di recente, anche la sentenza Tar Friuli Venezia Giulia n. 539 del 2014 ha rilevato che, se il bando di gara prevede espressamente che debbono essere indicate tutte le condanne penali, è legittima l’esclusione di un concorrente per il fatto che l’interessato, ritenendole non incidenti sulla moralità professionale, ha omesso di dichiararle: non spetta, infatti, al concorrente la valutazione della rilevanza delle condanne subite, quando il bando ne abbia prescritto l’integrale menzione nelle dichiarazioni.
La pronuncia di Tar Sicilia n. 3331 del 2014 non esprime, tuttavia, un orientamento isolato.
Già prima dell’adozione del decreto legge n. 90 del 2014, con pronuncia di Tar Lazio n. 9688 del 2011 era stato evidenziato che, in base ai principi generali  anche europei  che ormai caratterizzano le procedure di gara, non è sufficiente, per l’esclusione, la sola mancata dichiarazione di una condanna penale, essendo invece necessario indagare se il reato per il quale si è verificata la mancata dichiarazione incida effettivamente sul requisito dell’affidabilità morale richiesto dal codice dei contratti: in altri termini, per applicare correttamente l’articolo 38, comma 1, lettera c) del decreto legislativo n. 163 del 2006, non basta che sia commesso un qualunque reato, ma occorre anche che tale reato sia “grave”, con la conseguenza che la stazione appaltante deve motivare l’aver considerato quello specifico reato come incidente sulla moralità professionale del concorrente. Ai fini dell’esclusione dalla gara non è quindi sufficiente l’accertamento dell’esistenza di una condanna penale, poiché il dettato normativo è volto a richiedere una valutazione concreta, da parte dell’amministrazione, per la verifica  attraverso un apprezzamento discrezionale che deve essere adeguatamente motivato  dell’incidenza di tale condanna sul vincolo fiduciario contrattuale, senza che tale apprezzamento possa ritenersi compiuto, per implicito, attraverso il semplice richiamo alla fattispecie di reato.
Oltre a ciò, dopo l’introduzione del c.d. “soccorso istruttorio”, anche l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 16 del 2014 ha evidenziato che l’attuale comma 2-bis dell’articolo 38 del codice dei contratti indica una chiara volontà del legislatore di evitare esclusioni dalla procedura dovute a mere carenze documentali  ivi compresa la mancanza assoluta delle dichiarazioni  e di imporre un’istruttoria preordinata ad acquisire la completezza delle predette dichiarazioni, nonché di autorizzare la sanzione espulsiva quale conseguenza per la sola inosservanza all’obbligo di integrazione documentale.
Anche per l’Adunanza Plenaria, pertanto, il decreto legge n. 90 del 2014 costituisce un’innovazione legislativa che esprime un’univoca volontà, da parte del legislatore, di valorizzare un potere di soccorso istruttorio a carattere “sostanziale”, al duplice fine di evitare esclusioni formalistiche dalla gara e di consentire le più complete ed esaustive acquisizioni istruttorie.

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