Mancata presentazione del piano di riequilibrio finanziario

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REPUBBLICA ITALIANA N. 2/2013/EL
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE DEI CONTI
A SEZIONI RIUNITE IN SEDE GIURISDIZIONALE
IN SPECIALE COMPOSIZIONE
(ex art. 243-quater, comma 5, del d.lgs. n. 267/2000, introdotto dall’art. 3, comma 1, lett. r), del
d.l. n. 174/2012, convertito nella legge n. 213/2012)
composta dai seguenti magistrati:
dott. Luigi Giampaolino Presidente
dott. Carlo Chiappinelli Consigliere co-relatore
dott.ssa Luciana Savagnone Consigliere
dott.ssa Simonetta Rosa Consigliere
dott. Stefano Imperiali Consigliere
dott. Ermanno Granelli Consigliere
dott. Tommaso Miele Consigliere co-relatore
ha emanato la seguente
SENTENZA
nel giudizio iscritto al n. 352/SR/EL del registro di Segreteria delle Sezioni riunite, promosso con
il ricorso proposto ai sensi dell’art. 243-quater, comma 5, del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267,
introdotto dall’art. 3, comma 1, lett. r), del d.l. 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con
modificazioni, dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213, con atto depositato nella Segreteria delle
Sezioni riunite in data 13 maggio 2013 dal Comune di Belcastro (CZ), in persona del
Sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso, giusta procura speciale rilasciata a margine
dell’atto introduttivo, dall’Avv. Alfredo Gualtieri (il quale ha dichiarato, ai sensi degli artt. 133, 134,
136, 170 e 176, 2° comma, c.p.c., di voler ricevere le comunicazioni e notifiche degli atti d’ufficio
al numero di fax 0961-480100 o al seguente indirizzo di posta elettronica
certificata: alfredo.gualtieri@avvocaticatanzaro.legalmail.it), e con questi elettivamente domiciliato in
Roma, alla Via Ovidio, n. 10, presso la dott.ssa Anna Bei – Studio Rosati,
avverso e per l’annullamento, e/o l’integrale riforma,
della delibera della Sezione regionale di controllo della Corte dei conti per la Regione Calabria n.
20/2013, adottata nella Camera di Consiglio del 18 aprile 2013 e depositata in pari data, e
comunicata con nota prot. n. 1480 del 19 aprile 2013, con la quale è stata accertata “la ricorrenza
dei presupposti previsti dall’art. 243-quater, comma 7, del TUEL, come introdotto dall’art. 3,
comma 1, lettera r), del d.l. 10 ottobre 2012, n. 174, convertito con legge 7 dicembre 2012, n.
213, sub specie della mancata presentazione del piano di riequilibrio finanziario entro il termine
perentorio di sessanta giorni posto dall’art. 243-bis, comma 5, del d.lgs. n. 267/2000 (TUEL)”, ed
è stato altresì deliberato di “trasmettere la deliberazione al Prefetto di Catanzaro ai fini
dell’applicazione dell’art. 6, comma 2, del d.lgs. n. 149/2011, con l’assegnazione al Consiglio
dell’ente di un termine non superiore a venti giorni per la deliberazione del dissesto finanziario”.
Visto l’art. 243-quater, comma 5, del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, introdotto dall’art. 3, comma
1, lett. r), del d.l. 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre
2012, n. 213;
Vista l’ordinanza del Presidente della Corte dei conti n. 5 del 4 marzo 2013 ORDP-UOPROT-P,
con la quale è stata statuita la determinazione del Collegio delle Sezioni riunite in speciale
composizione ai sensi del predetto art. 243-quater, comma 5, del d.lgs. n. 267/2000, introdotto
dall’art. 3, comma 1, lett. r), del d.l. n. 174/2012, convertito nella legge n. 213/2012;
Visti il decreto presidenziale n. 9 del 15 maggio 2013 di fissazione dell’udienza del presente
giudizio, il decreto presidenziale n. 10 del 15 maggio 2013 di composizione del Collegio, e il
decreto presidenziale n. 11 del 15 maggio 2013 di nomina del relatori del presente giudizio;
Visti tutti gli atti e i documenti del giudizio;
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Uditi all’udienza del 3 giugno 2013, con l’assistenza del Segretario Pietro Montibello, i co-relatori
Consigliere dott. Carlo Chiappinelli e Consigliere dott. Tommaso Miele, l’Avv. Alfredo Gualtieri
per il Comune ricorrente, e il Pubblico Ministero nella persona del Procuratore generale dott.
Salvatore Nottola.
Svolgimento del processo
1. Con il ricorso in epigrafe, depositato nella Segreteria delle Sezioni riunite in data 13 maggio
2013, e ritualmente notificato alla Sezione regionale di controllo della Corte dei conti per la
Calabria, al Prefetto di Catanzaro, al Procuratore generale della Corte dei conti, e al Ministero
dell’Interno – Direzione Centrale per gli Uffici Territoriali del Governo e per le Autonomie Locali
(Commissione per la finanza e gli organici degli Enti locali), in Roma, il Comune di Belcastro
(CZ), in persona del Sindaco pro-tempore, ha impugnato, ai sensi dell’art. 243-quater, comma 5,
del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, introdotto dall’art. 3, comma 1, lett. r), del d.l. 10 ottobre 2012,
n. 174, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213, la delibera della
Sezione regionale di controllo della Corte dei conti per la Regione Calabria n. 20/2013, adottata
nella Camera di Consiglio del 18 aprile 2013 e depositata in pari data, e comunicata con nota
prot. n. 1480 del 19 aprile 2013, con la quale è stata accertata “la ricorrenza dei presupposti
previsti dall’art. 243-quater, comma 7, del TUEL, come introdotto dall’art. 3, comma 1, lettera r),
del d.l. 10 ottobre 2012, n. 174, convertito con legge 7 dicembre 2012, n. 213, sub specie della
mancata presentazione del piano di riequilibrio finanziario entro il termine perentorio di sessanta
giorni posto dall’art. 243-bis, comma 5, del d.lgs. n. 267/2000 (TUEL)”, ed è stato altresì
deliberato di “trasmettere la deliberazione al Prefetto di Catanzaro ai fini dell’applicazione dell’art.
6, comma 2, del d.lgs. n. 149/2011, con l’assegnazione al Consiglio dell’ente di un termine non
superiore a venti giorni per la deliberazione del dissesto finanziario”.
2. Il provvedimento impugnato è stato adottato dalla Sezione regionale di controllo della Corte dei
conti per la Regione Calabria sul presupposto che il piano di riequilibrio finanziario pluriennale
deliberato dal Comune di Belcastro sarebbe “nella sostanza privo del documento pianificatorio in
questione”, e che “dall’esame della documentazione descritta non può che riscontrarsi come la
delibera consiliare n. 8/2012, sebbene formalmente intestata ‘approvazione del piano di
riequilibrio’, si limiti nella sostanza a riassumere atti comunali precedenti (e prodromici rispetto al
piano vero e proprio) i cui prefigurati esiti non sono tuttavia stati tradotti in un vero e proprio
provvedimento di pianificazione che dia conto del progressivo ripristino degli equilibri di bilancio,
così come, invece, prescritto dalla legge”.
3. I fatti e le circostanze che hanno dato luogo all’adozione della predetta delibera della Sezione
regionale di controllo per la Calabria possono essere, qui di seguito, così brevemente riassunti.
3.1. Con deliberazione consiliare n. 32, assunta nella seduta del 13 dicembre 2012, il Comune di
Belcastro (CZ), ha deliberato, all’unanimità, ai sensi dell’art. 243-bis, comma 1, del d.lgs. n.
267/2000, come introdotto dal d.l. n. 174/2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n.
213/2012, di attivare la procedura di riequilibrio finanziario pluriennale, trasmettendone copia, ai
sensi del successivo comma 2, alla competente Sezione regionale di controllo della Corte dei
conti e al Ministero dell’Interno.
3.2. Successivamente, con deliberazione del Consiglio Comunale del 10 febbraio 2013, n. 8, il
Comune di Belcastro ha, quindi, approvato, ai sensi dell’art. 243-bis, comma 5, del d.lgs. n.
267/2000, introdotto dal d.l. n. 174/2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 213/2012 (il
quale prevede che “Il consiglio dell’ente locale, entro il termine perentorio di 60 giorni dalla data
di esecutività della delibera di cui al comma 1, delibera un piano di riequilibrio finanziario
pluriennale della durata massima di 10 anni, compreso quello in corso, corredato del parere
dell’organo di revisione economico-finanziario”), il piano di riequilibrio finanziario pluriennale di cui
sopra, poi integrato con deliberazione consiliare n. 11 del 20 marzo 2013, trasmettendo entrambi
i provvedimenti alla competente Sezione regionale di controllo della Corte dei conti e al Ministero
dell’Interno.
3.3. Quest’ultimo (e per esso la Commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali di cui
all’art. 155 del d.lgs. n. 267/2000) ha avviato la relativa istruttoria, ma, prima ancora che questa
fosse completata, la Sezione regionale di controllo per la Calabria della Corte dei conti ha
adottato, nella Camera di Consiglio del 18 aprile 2013, la deliberazione n. 20/2013, impugnata in
questa sede con il ricorso in esame, con la quale è stata accertata “la ricorrenza dei presupposti
previsti dall’art. 243-quater, comma 7, del TUEL, come introdotto dall’art. 3, comma 1, lettera r),
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del d.l. 10 ottobre 2012, n. 174, convertito con legge 7 dicembre 2012, n. 213, sub specie della
mancata presentazione del piano di riequilibrio finanziario entro il termine perentorio di sessanta
giorni posto dall’art. 243-bis, comma 5, del d.lgs. n. 267/2000 (TUEL)”, ed è stato altresì
deliberato di “trasmettere la deliberazione al Prefetto di Catanzaro ai fini dell’applicazione dell’art.
6, comma 2, del d.lgs. n. 149/2011, con l’assegnazione al Consiglio dell’ente di un termine non
superiore a venti giorni per la deliberazione del dissesto finanziario”.
Ciò sul presupposto – come si è detto – che il piano di riequilibrio finanziario pluriennale
deliberato dal Comune di Belcastro sarebbe “nella sostanza privo del documento pianificatorio in
questione”, e che“dall’esame della documentazione descritta non può che riscontrarsi come la
delibera consiliare n. 8/2012, sebbene formalmente intestata ‘approvazione del piano di
riequilibrio’, si limiti nella sostanza a riassumere atti comunali precedenti (e prodromici rispetto al
piano vero e proprio) i cui prefigurati esiti non sono tuttavia stati tradotti in un vero e proprio
provvedimento di pianificazione che dia conto del progressivo ripristino degli equilibri di bilancio,
così come, invece, prescritto dalla legge” (cfr. deliberazione della Sezione regionale di controllo
per la Calabria della Corte dei conti n. 20/2013, adottata nella Camera di Consiglio del 18 aprile
2013, impugnata con il ricorso in esame).
3.4. Con nota Prot. 1481 del 19 aprile 2013, indirizzata al Presidente del Consiglio comunale di
Belcastro (CZ), la Sezione regionale di controllo per la Calabria della Corte dei conti ha
trasmesso la predetta deliberazione n. 20/2013 del 18 aprile 2013 al Comune di Belcastro.
4. Avverso la predetta delibera della Sezione regionale di controllo della Corte dei conti per la
Regione Calabria n. 20/2013, adottata nella Camera di Consiglio del 18 aprile 2013 e depositata
in pari data, con atto depositato nella Segreteria delle Sezioni riunite in data 13 maggio 2013, ha
proposto il ricorso in epigrafe il Comune di Belcastro (CZ) ai sensi dell’art. 243-quater, comma 5,
del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, introdotto dall’art. 3, comma 1, lett. r), del d.l. 10 ottobre 2012,
n. 174, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213, deducendo
sostanzialmente l’erroneità della predetta delibera n. 20/2013, con la quale – come si è detto – la
Sezione regionale di controllo della Corte dei conti per la Calabria, avendo riscontrato l’omessa
presentazione di un vero e proprio “piano” entro il termine perentorio sancito dall’art. 243-bis,
comma 5, del TUEL, ha trasmesso la propria decisione accertativa al Prefetto di Catanzaro ai fini
dell’applicazione dell’art. 6, comma 2, del d.lgs. n. 149/2011.
Segnatamente, il Comune ricorrente lamenta che “nel mentre con il Ministero dell’Interno si è
avviata una stringente interlocuzione con invio ed acquisizione di dati ed elementi integrativi, la
Sezione regionale di controllo della Corte – senza tenere conto del chiaro disposto normativo
(art. 243-quater TUEL), che espressamente prevede la necessaria istruttoria da parte
dell’apposita Commissione istituita presso il Ministero dell’Interno – ha, senza attendere la
‘necessaria istruttoria’ della Commissione ministeriale, deliberato di ‘accertare la ricorrenza dei
presupposti previsti dall’art. 243-quater, comma 7, TUEL” (cfr. ricorso introduttivo).
In particolare, ad avviso del Comune ricorrente la decisione della Sezione regionale di controllo
della Calabria presenta i seguenti profili di illegittimità:
a) ha del tutto ignorato il ruolo e la funzione istruttoria della Commissione ministeriale (la quale
può procedere ad acquisizioni documentali e richieste istruttorie, che determinano una possibile
sospensione della procedura amministrativa), così come ribadito nelle Linee guida approvate, al
riguardo, dalla Sezione Autonomie della Corte dei conti;
b) ha fatto venire meno ogni apporto partecipativo del Comune, omettendo anche di indicare i
possibili correttivi da apportare al deliberato piano di riequilibrio;
c) ha innescato, senza attendere il completamento della prescritta istruttoria ministeriale, un
meccanismo procedurale che porta al commissariamento ed all’avvio del procedimento di
scioglimento del Consiglio comunale ai sensi dell’art. 6 del d.lgs. n. 149/2011, come inserito
dall’art. 3, comma 6, del d.lgs. n. 174/2012, convertito nella legge n. 213/2012.
Sulla base dei suesposti motivi di doglianza il Comune ricorrente chiede a queste Sezioni riunite
l’annullamento e/o l’integrale riforma dell’impugnata delibera n. 20/2013 della Sezione regionale
di controllo della Calabria, con conseguente “indicazione al Prefetto di Catanzaro di non attivare
la procedura di cui all’art. 6, comma 2, del d.lgs. n. 149/2011 e di non emettere ogni successivo
provvedimento di commissariamento” (cfr. ricorso introduttivo del Comune di Belcastro).
5. Con nota Prot. n. 1795 del 20 maggio 2013, indirizzata alla Sezione regionale di controllo della
Corte dei conti per la Calabria (acquisita al protocollo della stessa Sezione al n. 1825 del 20
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maggio 2013) e al Prefetto di Catanzaro, e dalla stessa Sezione regionale di controllo trasmessa
alla Segreteria di queste Sezioni riunite (acquisita agli atti del fascicolo in data 21 maggio 2013),
il Sindaco del Comune di Belcastro, nel rappresentare che “il Comune di Belcastro ha proposto
ricorso dinnanzi alle Sezioni riunite della Corte dei conti in Roma avverso la deliberazione n.
20/2013 della Sezione regionale di controllo della Calabria”, e che “a seguito di detto deliberato la
Prefettura di Catanzaro, con nota protocollo n. 0032626 del 29 aprile 2013 diffidava l’Ente
all’adozione della deliberazione di dissesto ai sensi dell’art. 6, comma 2, del d.lgs. n. 149/2011”, e
nel prendere atto che “in considerazione della presentazione della domanda di anticipazione di
liquidità ai sensi del d.l. n. 35/2013, il Comune (di Belcastro) ne è risultato beneficiario, come da
elenco pubblicato sul sito del Ministero dell’Economia e delle Finanze, e che la Cassa Depositi e
Prestiti ha comunicato il provvedimento di anticipazione di liquidità per la somma di €
1.290.336,30 ai sensi della richiamata normativa, che, peraltro, prevede la rimodulazione dei
piani di riequilibrio finanziario”, ha chiesto “alle SS.LL. (e cioè, alla Sezione regionale di controllo
della Corte dei conti per la Calabria e al Prefetto di Catanzaro, indicati in indirizzo), per le
competenze a voler sospendere i cennati provvedimenti in attesa delle determinazioni in ordine al
ricorso, atteso, in particolare, che la richiesta deliberazione di dissesto non è revocabile” (cfr.
nota del Sindaco del Comune di Belcastro Prot. n. 1795 del 20 maggio 2013).
6. Con nota del 23 maggio 2013, depositata nella Segreteria delle Sezioni riunite in data 23
maggio 2013, il difensore del Comune ricorrente ha, poi, depositato copia della delibera della
Giunta comunale del Comune di Belcastro (CZ) n. 24 assunta in data 22 maggio 2013, con la
quale è stata approvata una articolata memoria difensiva in ordine al ricorso in esame.
In particolare, nella parte finale della predetta memoria la Giunta comunale, nel ricordare
che “l’Ente ha inoltrato sia alla Corte dei conti Sezione di controllo per la Calabria che al Prefetto
di Catanzaro richiesta di sospensione dei provvedimenti intrapresi, stante la pendenza del ricorso
proposto, senza alcun esito”, rappresenta che “pertanto l’Ente provvederà in via provvisoria ed in
quanto di fronte ad atto dovuto (richiamata nota di diffida prefettizia) a procedere a deliberazione
di dichiarazione di dissesto finanziario, espressamente riservandosi i definitivi pronunciamenti
all’esito del richiamato ricorso, salve ed impregiudicate ulteriori azioni consentite” [cfr. memoria
difensiva del Comune di Belcastro approvata con delibera della Giunta comunale del Comune di
Belcastro (CZ) n. 24 del 22 maggio 2013].
7. Con nota Prot. ris. N. 12 del 6 maggio 2013, acquisita agli atti del fascicolo di causa dalla
Segreteria di queste Sezioni riunite in data 28 maggio 2013, la Sezione regionale di controllo per
la Calabria della Corte dei conti ha, infine, trasmesso “per opportuna conoscenza” l’ordinanza n.
15 del 3 maggio 2013 della stessa Sezione regionale di controllo, con la quale è stata approvata
la memoria difensiva (allegata alla stessa ordinanza) avverso il ricorso ad istanza di parte
presentato dal Comune di Belcastro (CZ) a queste Sezioni riunite per l’annullamento della
delibera n. 20/2013 della stessa Sezione regionale di controllo per la Calabria.
In detta memoria, approvata – come si è detto – nella Camera di Consiglio del 3 maggio 2013, la
Sezione regionale di controllo per la Calabria della Corte dei conti, dopo aver ripercorso l’iter
attraverso cui si è pervenuti alla adozione della delibera impugnata, e dopo aver ricordato che la
stessa delibera sia stata adottata sul presupposto “della mancata presentazione del piano di
riequilibrio finanziario entro il termine perentorio di sessanta giorni posto dall’art. 243-bis, comma
5, del d.lgs. n. 267/2000 (..)”, rileva che “è infatti accaduto che il Comune di Belcastro, dopo aver
avviato, con delibera n. 32 del 13 dicembre 2012 (divenuta esecutiva in pari data) la procedura di
accesso al piano di riequilibrio pluriennale, non ha approvato e trasmesso alla Sezione regionale
di controllo il previsto piano di riequilibrio entro il termine di sessanta giorni previsto dall’articolo
243-bis, comma 5, del d.lgs. n. 267/2000 (TUEL). Più in dettaglio – espone ancora la Sezione
regionale nella memoria – il Comune, in data 18 febbraio 2013 ha inviato alla Sezione regionale
di controllo della Corte dei conti una nota di trasmissione (prot. n. 652; prot. in arrivo n. 000783
del 20 febbraio 2013) di ‘documentazione inerente il piano di riequilibrio finanziario pluriennale’,
consistente, essenzialmente, in una delibera di consiglio comunale – la numero 8 del 10 febbraio
2013 – adottata in prossimità della scadenza (11 febbraio 2013) del suddetto termine perentorio,
avente fittiziamente ad oggetto ‘approvazione piano di riequilibrio finanziario pluriennale ex art.
243-bis’, ma nella sostanza priva del documento pianificatorio in questione (in quanto non ancora
realmente redatto). Piano che – rileva ancora la Sezione regionale di controllo della Calabria
nella memoria – invece è stato effettivamente approvato e presentato dal Comune (peraltro in
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una versione ‘embrionale’) tardivamente, con delibera consiliare n. 11 del 20 marzo 2013,
trasmessa alla Corte dei conti con nota del Sindaco n. 1153 del 29 marzo 2013 (consegnata a
mano l’11 aprile 2013, prot. in arrivo n. 0001397). Conseguentemente – osserva ancora – la
Sezione regionale di controllo della Corte dei conti altro non ha potuto fare che prendere atto
(accertare) della tardività dell’approvazione del piano di riequilibrio in applicazione della
perentoria disposizione prevista dall’art. 243-quater, comma 7, del TUEL”.
La Sezione regionale di controllo, nel rilevare quindi che “la delibera impugnata ha
esclusivamente accertato – né poteva diversamente ritenere – ai sensi dell’art. 243-quater,
comma 7, ‘la mancata presentazione del piano entro il termine di cui all’articolo 243-bis, comma
5’”, ritiene che “la stessa si colloca ictu oculi nella fase di iniziativa della procedura in questione,
fase nella quale evidentemente non si pongono (non essendo stato approvato il piano come per
legge) problematiche istruttorie che richiedano, secondo norma e logica comune, l’intervento
della Commissione ministeriale operante nell’ambito del Ministero dell’Interno, organo che –
osserva la Sezione regionale di controllo – per contro la legge coinvolge nella procedura
esclusivamente nella successiva fase istruttoria, e dunque evidentemente a piano di riequilibrio
tempestivamente approvato da parte del Comune”.
Sulla base di tali argomentazioni la Sezione regionale di controllo per la Calabria chiede
conclusivamente di dichiarare l’infondatezza del ricorso (cfr. memoria della Sezione regionale di
controllo per la Calabria della Corte dei conti approvata con ordinanza n. 15 del 3 maggio 2013,
trasmessa con nota Prot. ris. N. 12 del 6 maggio 2013, ed acquisita agli atti del fascicolo di causa
in data 28 maggio 2013).
8. Con memoria del 28 maggio 2013, depositata in atti in pari data, la Procura generale della
Corte dei conti, nel rassegnare le proprie conclusioni sul ricorso in epigrafe, ha, in primo luogo,
osservato, in merito alla costituzione dell’organo giurisdizionale giudicante, e con ampi richiami
alla giurisprudenza della Corte Costituzionale sulla questione, come “lo specifico Collegio
giudicante delle Sezioni riunite, oggi chiamato a decidere il giudizio, è stato nominativamente
formato solo a processo già instaurato (a seguito dell’avvenuta presentazione del ricorso da parte
del Comune di Belcastro) e senza che, nella ridetta ordinanza n. 5/2013 siano stati esplicitati
criteri prestabiliti per la scelta nominativa dei giudici persone fisiche”. Sulla scorta di tali
considerazioni la Procura generale, pur non concludendo con richieste specifiche sul
punto, “reputa non potersi astenere dal sollecitare l’attenzione sulla non declinabile necessità che
vengano prefissati criteri oggettivi e verificabili ex post investenti anche le puntuali modalità della
‘scelta nominativa’ dei giudici ‘persone fisiche’ che il Presidente della Corte dei conti, di volta in
volta ed a fronte di singoli ricorsi, chiama a far parte di un collegio formato da sei consiglieri in
composizione paritaria, attingendo gli stessi da un elenco base di magistrati appartenenti ai due
settori funzionali del controllo e della giurisdizione”.
8.1. In rito, e con specifico riferimento alla memoria difensiva presentata dalla Sezione regionale
di controllo per la Calabria, approvata con ordinanza n. 15/2013 del 3 maggio 2013 dalla stessa
Sezione regionale di controllo e trasmessa, con nota della Segreteria prot. n. 11 del 6 maggio
2013, al Presidente della Corte dei conti e al Procuratore generale, la Procura generale, nel
rilevare come “sembra difficile poter configurare la Sezione regionale di controllo, che adotta una
deliberazione ai sensi dell’art. 243-quater, comma 5, del TUEL, quale ‘parte’ munita di
legittimazione ad processum e ad causamnello speciale giudizio (impugnatorio ed in unico grado)
del quale qui si discorre”, e come “appare essere particolarmente atipico un atto a carattere
‘defensionale’ che sia formalmente deliberato dallo stesso Collegio la cui decisione è stata resa
oggetto del ricorso impugnatorio proposto dal soggetto legittimato ad esso (Comune) ed innanzi
ad altro Collegio giudicante (le Sezioni riunite in speciale composizione)”, osserva che “se si
dovesse ritenere in astratto ammissibile tale modus procedendi, in tutti i giudizi ad istanza di
parte, la Sezione giudicante adita in primo grado sarebbe legittimata a produrre, innanzi al
giudice dell’impugnazione e pur avendo esaurito, esercitandolo, il proprio potere decisionale, una
nuova deliberazione collegiale a fini solo ‘defensionali’”.
Nel rilevare, quindi, come “l’iniziativa defensionale della Sezione regionale di controllo – che ha
emesso l’atto oggetto di impugnativa – è perciò sfornita di una solida base normativoprocessuale”,
la Procura generale ritiene conclusivamente, sul punto, che “in ogni caso la
‘memoria’, semmai volendo fare applicazione estensiva di quanto prevede e dispone l’art. 4 del
R.D. 13 agosto 1933, n. 1038 per tutti i giudizi innanzi alla Corte dei conti, avrebbe dovuto essere
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depositata presso la Segreteria delle Sezioni riunite, anche al fine di consentire al ricorrente (il
Comune) di prenderne visione ed estrarne copia e, quindi, in aderenza al principio del
contraddittorio che, a sua volta, rappresenta la principale, anche se non unica, espressione della
regola, di rango costituzionale del cosiddetto ‘giusto processo’”.
8.2. Nel merito la Procura generale, nell’osservare come “l’assenza dei caratteri ritenuti
‘essenziali’ per il piano di riequilibrio finanziario pluriennale presentato dal Comune di Belcastro
poteva semmai indurre la Sezione regionale di controllo, che non ha assunto elementi informativi
circa l’esito dell’istruttoria ministeriale, ad una decisione di ‘non luogo a deliberare’ su di un atto
amministrativo che (..) è apparso essere sostanzialmente assente, stante le sue radicali carenze
contenutistiche”, chiede conclusivamente che “le adite Sezioni riunite, rettificata nei sensi
anzidetti la sola motivazione esposta nella deliberazione collegiale impugnata, per il resto lascino
sostanzialmente integra la decisione rispetto alle censure proposte dal Comune di Belcastro, e
perciò, respingano il ricorso dell’Ente locale” (cfr. memoria della Procura generale del 28 maggio
2013, depositata in atti in pari data).
9. Il Prefetto di Catanzaro e il Ministero dell’Interno – Direzione Centrale per gli Uffici Territoriali
del Governo e per le Autonomie Locali (Commissione per la finanza e gli organici degli Enti
locali), ai quali risulta ritualmente notificato il ricorso introduttivo e il decreto di fissazione di
udienza, non risultano costituiti in giudizio.
10. All’udienza pubblica odierna, assenti i rappresentanti del Ministero dell’Interno e del Prefetto
di Catanzaro, che non risultano – come si è detto – costituiti in giudizio, il difensore del Comune
ricorrente si è richiamato all’atto introduttivo e agli scritti difensivi versati in atti, ne ha illustrato le
argomentazioni in punto di diritto in essi già rappresentati, ed ha ribadito le conclusioni già
rassegnate per iscritto. Anche il Procuratore generale si è richiamato alla memoria già versata in
atti, ha diffusamente illustrato le argomentazioni in essa prospettate, ribadendo le conclusioni già
rassegnate per iscritto.
Motivi della decisione
1. Queste Sezioni riunite in speciale composizione sono chiamate a giudicare in ordine al ricorso
proposto, ai sensi dell’art. 243-quater, comma 5, del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, introdotto
dall’art. 3, comma 1, lett. r), del d.l. 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con modificazioni, dalla
legge 7 dicembre 2012, n. 213, con atto depositato nella Segreteria delle Sezioni riunite in data
13 maggio 2013 dal Comune di Belcastro (CZ), in persona del Sindaco pro-tempore, avverso e
per l’annullamento e/o l’integrale riforma della delibera della Sezione regionale di controllo della
Corte dei conti per la Regione Calabria n. 20/2013, adottata nella Camera di Consiglio del 18
aprile 2013 e depositata in pari data, e comunicata con nota prot. n. 1480 del 19 aprile 2013, con
la quale è stata accertata “la ricorrenza dei presupposti previsti dall’art. 243-quater, comma 7, del
TUEL, come introdotto dall’art. 3, comma 1, lettera r), del d.l. 10 ottobre 2012, n. 174, convertito
con legge 7 dicembre 2012, n. 213, sub specie della mancata presentazione del piano di
riequilibrio finanziario entro il termine perentorio di sessanta giorni posto dall’art. 243-bis, comma
5, del d.lgs. n. 267/2000 (TUEL)”, ed è stato altresì deliberato di“trasmettere la deliberazione al
Prefetto di Catanzaro ai fini dell’applicazione dell’art. 6, comma 2, del d.lgs. n. 149/2011, con
l’assegnazione al Consiglio dell’ente di un termine non superiore a venti giorni per la
deliberazione del dissesto finanziario”.
2. Ciò premesso, queste Sezioni riunite, pur rilevando che non è stata formulata, al riguardo,
alcuna richiesta conclusionale, devono, in primo luogo pronunciarsi in ordine alle considerazioni
svolte sia nella memoria scritta depositata in atti che al dibattimento odierno dal Procuratore
generale in merito alla costituzione di questo organo giurisdizionale giudicante in relazione al
principio della precostituzione del giudice naturale previsto dall’art. 25 della Costituzione. Come
riferito in narrativa, infatti, sul punto la Procura generale ha osservato come “lo specifico Collegio
giudicante delle Sezioni riunite, oggi chiamato a decidere il giudizio, è stato nominativamente
formato solo a processo già instaurato (a seguito dell’avvenuta presentazione del ricorso da parte
del Comune di Belcastro) e senza che, nella ridetta ordinanza n. 5/2013 siano stati esplicitati
criteri prestabiliti per la scelta nominativa dei giudici persone fisiche”.
2.1. Al riguardo il Collegio ha piena consapevolezza che in base al principio del giudice naturale
precostituito per legge, previsto dall’art. 25, comma 1, della Costituzione, il Costituente ha voluto
sostanzialmente affermare il principio secondo cui non sarebbe sentito come naturale dalla
collettività, e non sarebbe, come tale, terzo ed imparziale (art. 111 Cost.) quel giudice che venga
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scelto dopo la nascita della controversia o dell’affare giudiziario o che, comunque, sia scelto sulla
base di criteri elaborati dopo tale nascita. È “naturale”, sulla base di queste esigenze, il giudice
scelto in virtù di criteri oggettivi preesistenti alla nascita del processo.
2.2. Ciò premesso, con riferimento al caso di specie non può non rilevarsi come la formazione del
Collegio delle Sezioni riunite nella prevista speciale composizione è stata disposta con ordinanza
del Presidente della Corte dei conti n. 5 del 4 marzo 2013 ORDP-UOPROT-P, e quindi in epoca
sicuramente precedente la proposizione del ricorso in esame, avvenuta in data 13 maggio 2013,
e sulla base di criteri oggettivi e predeterminati che, in considerazione della particolare e
peculiare tipologia di ricorsi su cui queste Sezioni riunite in composizione speciale sono chiamate
a giudicare ai sensi del predetto art. 243-quater, comma 5, del d.lgs. n. 267/2000, introdotto
dall’art. 3, comma 1, lett. r), del d.l. n. 174/2012, convertito nella legge n. 213/2012, hanno, in
piena coerenza con la ratio della norma, tenuto conto che delle stesse facessero parte “magistrati
appartenenti sia all’area giurisdizionale che a quella del controllo, data la peculiarità delle
fattispecie da delibare, che richiedono professionalità e conoscenze proprie di entrambe le aree”.
2.3. Né può obiettarsi che il suddetto principio sia stato violato in relazione al fatto che la scelta
dei magistrati “persone fisiche” chiamati a far parte dello specifico Collegio decidente sia stata
fatta dopo la proposizione del ricorso (con il decreto presidenziale n. 10 del 15 maggio 2013 di
composizione del Collegio), atteso che la scelta operata nel caso di specie, oltre a rispettare i
criteri oggettivi e predeterminati fissati nella riferita ordinanza del Presidente della Corte dei conti
n. 5 del 4 marzo 2013 ORDP-UOPROT-P, soddisfa sicuramente le condizioni minime fissate
dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale sul punto (sentenze nn. 143 e 144 del 1973 e
ordinanza n. 93 del 1988), ed invocata dalla stessa Procura generale, secondo cui “il potere di
individuare la ‘persona fisica’ del giudice chiamato ad occuparsi di una controversia deve essere
rivolto unicamente al soddisfacimento di obiettive ed imprescindibili esigenze di servizio, allo
scopo di rendere possibile il funzionamento dell’ufficio e di agevolarne l’efficienza, restando,
invece, esclusa qualsiasi diversa finalità”.
3. Così accertata la corretta precostituzione del giudice, e passando all’esame del ricorso, va
rilevato che trattasi – come è dato rilevare dalla chiara disposizione normativa – di una nuova
tipologia di ricorso previsto dall’art. 243-quater, comma 5, del d.lgs. n. 267/2000, introdotto
dall’art. 3, comma 1, lett. r), del d.l. n. 174/2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n.
213/2012, mediante il quale il Comune può impugnare entro 30 giorni dalla sua adozione (recte:
deposito), e nelle forme del giudizio ad istanza di parte, la delibera di approvazione o di diniego
del piano di riequilibrio pluriennale di cui all’articolo 243-quater, commi 1 e 3, dello stesso d.lgs.
n. 267/2000, introdotto dall’art. 3, comma 1, lett. r), del d.l. n. 174/2012, convertito, con
modificazioni, dalla legge n. 213/2012, innanzi alle Sezioni riunite della Corte dei conti in speciale
composizione, che si pronunciano – come dice la legge – “nell’esercizio della propria
giurisdizione esclusiva in tema di contabilità pubblica, ai sensi dell’articolo 103, secondo comma,
della Costituzione, entro 30 giorni dal deposito del ricorso”.
4. Atteso il chiaro riferimento della norma “alla giurisdizione esclusiva (della Corte dei conti) in
tema di contabilità pubblica, ai sensi dell’articolo 103, secondo comma, della Costituzione (..)”,
appare, in primo luogo, opportuno precisare l’ambito della giurisdizione della Corte dei conti con
riferimento alla materia dei piani di riequilibrio finanziario e di dissesto degli enti locali previsti
dalle nuove disposizioni aggiunte all’art. 243 del d.lgs. n. 267/2000, dall’art. 3, comma 1, lett. r),
del d.l. n. 174/2012, convertito nella legge n. 213/2012.
4.1. Pur se con riferimento alla questione che qui ne occupa, il Collegio ritiene necessario
soffermarsi sui profili anche sistematici posti dalla recente novella legislativa, che ha scandito la
esclusività della giurisdizione della Corte dei conti in tema di contabilità pubblica, ai sensi dell’art.
103, secondo comma, della Costituzione. Tale esplicito richiamo del legislatore ha inteso dunque
ricondurre chiaramente al precetto costituzionale di cui all’art. 103, secondo comma, della
Costituzione, conferendole espressamente la natura esclusiva, la giurisdizione riguardante la
disciplina normativa introdotta nel tessuto del d.lgs. n. 267/2000, dall’art. 3, comma 1, lett. r), del
d.l. n. 174/2012, convertito nella legge n. 213/2012. Tale disciplina, articolata in un complesso di
disposizioni e di segmenti procedurali, presuppone una unitarietà sistematica ed applicativa,
coinvolgendo direttamente la sfera dei controlli affidati alla Corte dei conti.
Controlli la cui evoluzione, in aderenza al quadro di principi propri del tessuto costituzionale ed in
coerenza con i principi di derivazione europea, hanno posto in sempre più significativa evidenza,
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modelli che si presentano, da un lato, come costituzionalmente armonici con i nuovi obiettivi di
finanza pubblica e, dall’altro, sempre più rispondenti all’esigenza di una compiuta verifica della
correttezza delle gestioni finanziarie degli enti, in un articolato sistema, anche sanzionatorio
nell’ipotesi in cui gli stessi enti non ottemperino agli stringenti vincoli di bilancio.
4.2. A questo proposito va primariamente rilevato che in diverse occasioni, a far data dalla
sentenza n. 29/1995, la giurisprudenza della Corte Costituzionale ha riconosciuto il peculiare
ruolo svolto dalla Corte dei conti, nell’ambito dell’ordinamento, nell’esercizio della sua funzione di
controllo quale organo posto al servizio dello Stato-comunità, garante imparziale (in veste di
organo terzo) dell’equilibrio economico-finanziario del settore pubblico e della corretta gestione
delle risorse collettive sotto il profilo dell’efficacia, dell’efficienza e dell’economicità (cfr. Corte
Cost. n. 29/1995; Corte Cost. n. 470/1997; Corte Cost. n. 267/2006; Corte Cost. n. 179/2007;
Corte Cost. n. 198/2012; Corte Cost. n. 60/2013).
Nel percorso, caratterizzato da tale univoco riconoscimento dell’indipendenza della Corte dei
conti e di assoluta terzietà delle funzioni di controllo, appare dunque, in primo luogo, da
sgombrare il campo da possibili – del tutto indebite per quanto ora sinteticamente si dirà –
assimilazioni con compiti propri dell’amministrazione, i cui atti sono suscettibili di impugnazione
innanzi al giudice amministrativo. Come è noto, il comma 1 del Codice del processo
amministrativo, nel delineare i confini della giurisdizione amministrativa, richiede, tra l’altro, che le
controversie devolute al giudice amministrativo investano l’esercizio o il mancato esercizio di un
potere amministrativo da parte di una pubblica amministrazione (definita nel successivo comma 2
come soggetto tenuto al rispetto dei principi del procedimento amministrativo).
Il chiaro disposto del comma 1 dell’art. 7 del Codice del processo amministrativo (CPA), si correla
coerentemente con l’applicazione del criterio generale – affermato anche dalla giurisprudenza –
secondo il quale nell’ordinamento vige il principio generale della insindacabilità delle pronunce o
determinazioni di controllo della Corte dei conti, che si fonda su ragioni connesse alla natura del
controllo quale funzione imparziale, estranea all’apparato della pubblica amministrazione.
Questi generali principi si traducono in maniera del tutto evidente anche con riguardo alle
delibere delle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti in materia di piani di riequilibrio
finanziario e di dissesto degli enti locali previsti dalle nuove disposizioni aggiunte all’art. 243 del
d.lgs. n. 267/2000, dall’art. 3, comma 1, lett. r), del d.l. n. 174/2012, convertito nella legge n.
213/2012.
Anche tali delibere non si configurano, infatti, come atti emanati da una pubblica amministrazione
nell’esercizio di un potere amministrativo, a conclusione di un procedimento amministrativo, ma si
pongono, invero, come atti emanati dalla Corte dei conti nella veste di organo estraneo
all’apparato della pubblica amministrazione, nell’esercizio di un potere neutrale di controllo (non
qualificabile come potere amministrativo), attribuito in via esclusiva alla Magistratura contabile.
4.3. E’ bene sottolineare in proposito che il fondamento di tale estraneità della Corte dei conti
all’apparato della pubblica amministrazione – da sempre sotteso all’intero sistema e riconosciuto
dalla giurisprudenza – rinviene peculiare e rinnovata valenza alla luce degli insegnamenti della
giurisprudenza della Corte Costituzionale, sollecitati dall’innestarsi sulle basi del controllo sulla
gestione di modelli maggiormente aderenti alle esigenze poste dal quadro nazionale e
sovranazionale, con particolare riguardo ai profili di ordine finanziario. Ed invero, la recente
normativa inquadra i controlli ivi previsti in un sistema finalizzato alla tutela dell’unità economica
della Repubblica e al coordinamento della finanza pubblica, ponendo l’accento sulla necessità di
corrispondere ai vincoli di finanza pubblica, previsti anche a livello europeo.
4.3.1. Anche la Corte Costituzionale, nelle sue più recenti statuizioni in materia, ha ulteriormente
rimarcato gli aspetti di indipendenza e diversità anche dagli altri organismi di controllo (cfr. Corte
Cost. n. 267/2006; Corte Cost. n. 60/2013) e la stretta connessione delle funzioni affidate alle
Sezioni regionali della Corte dei conti al coordinamento della finanza pubblica ed alla verifica del
rispetto dei vincoli derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea.
In proposito giova ricordare che la legge n. 266/2005 – proseguendo in un disegno legislativo
avviato, dopo la riforma del Titolo V, Parte II, della Costituzione, con la legge 5 giugno 2003, n.
131 – ha delineato una nuova e significativa modalità di verifica in ordine al rispetto degli obiettivi
previsti dalla normativa sul Patto di stabilità interno e sulla correttezza della gestione finanziaria
degli enti territoriali, stabilendo una specifica competenza in capo alle Sezioni regionali di
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controllo della Corte dei conti, che l’art. 6, comma 2, del decreto legislativo n. 149/2011 ha
ulteriormente valorizzato.
In questo contesto va, in particolare, considerata la sentenza 7 giugno 2007, n. 179 della Corte
costituzionale che – chiamata a pronunciarsi proprio sulla legittimità costituzionale delle norme di
cui all’art. 1, commi 166, 167, 168 e 169, della legge n. 266/2005 – ha affermato che tali
norme “introducono un nuovo tipo di controllo affidato alla Corte dei conti, dichiaratamente
finalizzato ad assicurare, in vista della tutela dell’unità economica della Repubblica e del
coordinamento della finanza pubblica, la sana gestione finanziaria degli enti locali, nonché il
rispetto, da parte di questi ultimi, del patto di stabilità interno e del vincolo in materia di
indebitamento posto dall’ultimo comma dell’art. 119” (cfr. Corte Cost. n. 179/2007).
4.3.2. Nella stessa occasione la Consulta ha poi specificato che “nella sua configurazione questa
nuova forma di controllo sviluppa il quadro delle misure necessarie per garantire la stabilità dei
bilanci ed il rispetto del patto di stabilità interno, prescritti dall’art. 7, comma 7, della legge 5
giugno 2003 n. 131 (Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge
costituzionale 18 ottobre 2001 n. 3)”. E’ chiaro, quindi, come le competenze affidate alla Corte dei
conti sia dalla legge n. 266/2005 che dal d.lgs. n. 149/2011 sono espressione di un potere di
controllo, esterno ed imparziale, affidato in via esclusiva alla Corte dei conti e perciò non
sindacabile. L’assunto è confermato anche dalla circostanza che il fondamento dei controlli in
oggetto si rinviene direttamente anche nell’art. 100, comma 2, della Costituzione, come dichiarato
espressamente dalla Corte Costituzionale, la quale, con specifico riferimento al controllo previsto
dalle disposizioni di cui alla legge n. 266/2005 esercitato dalla Corte dei conti nei confronti degli
enti locali, ha ritenuto che “tale attribuzione trova diretto fondamento nell’art. 100 Cost., il quale
‘assegna alla Corte dei conti il controllo successivo sulla gestione del bilancio, come controllo
esterno ed imparziale’ e che il riferimento dello stesso art. 100 Cost. al controllo ‘sulla gestione
del bilancio dello Stato’, debba intendersi oggi esteso ai bilanci di tutti gli enti pubblici che
costituiscono, nel loro insieme, il bilancio della finanza pubblica allargata” (così testualmente
Corte Cost. sent. n. 198/2012, che aderisce ai principi già espressi nella sent. n. 179/2007
richiamandola espressamente).
Alla stregua di tali considerazioni appare ampiamente dimostrato che le delibere delle Sezioni
regionali di controllo della Corte dei conti, come “atto di effettivo esercizio del potere di
controllo” riconosciuto alla Corte dei conti dalle norme vigenti, nonché in base alla giurisprudenza
costituzionale sopra richiamata, sono del tutto sottratte al sindacato giurisdizionale di altri giudici
diversi dalle Sezioni riunite della stessa Corte in speciale composizione.
Dalla riferita giurisprudenza emerge, infatti, che nell’ordinamento vigente – ed in particolare
nell’assetto dei poteri delineati dalla Costituzione – la Corte dei conti riveste un peculiare ruolo ed
esercita una particolare funzione che valgono a renderla destinataria, in via esclusiva, di poteri
non attribuiti a nessun altro soggetto, anche a motivo della sua configurazione, nel sistema, di
organo specializzato nella materia della contabilità pubblica e del controllo generale della finanza
pubblica.
4.3.3. A ciò si aggiunga che ora è lo stesso legislatore ad escludere – sebbene implicitamente –
che le deliberazioni adottate dalla Corte dei conti nell’esercizio del potere di controllo (e
comunque di quello sulla gestione finanziaria degli enti locali) possano essere oggetto del
sindacato del giudice amministrativo o del giudice ordinario. Proprio con riferimento alla
questione che qui ne occupa, infatti, giova ricordare che l’art. 243-quater del d.lgs. 267/2000 –
nel testo introdotto dal d.l. 10 ottobre 2012, n. 174, come modificato dalla legge di conversione 7
dicembre 2012, n. 213 – dispone che la deliberazione della Sezione regionale di controllo della
Corte dei conti avente ad oggetto l’approvazione o il diniego del piano di riequilibrio finanziario
pluriennale (deliberato dall’ente locale ai sensi dell’art. 243-bis del d.lgs. 267/2000 “può essere
impugnata (..) nelle forme del giudizio ad istanza di parte, innanzi alle Sezioni riunite della Corte
dei conti (..) che si pronunciano, nell’esercizio della propria giurisdizione esclusiva in tema di
contabilità pubblica, ai sensi dell’art. 103, secondo comma, della Costituzione (..)”.
Trattasi, come è dato rilevare dal richiamato sistema normativo, di un complesso di norme che, in
quanto collegate direttamente al ricordato precetto costituzionale, assume valenza di carattere
ricognitorio di una giurisdizione contabile già riconducibile, naturalmente, alle “materie di
contabilità pubblica” (art. 103, comma 2 Cost.).
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4.3.4. Più di recente la Corte Costituzionale (sentenza n. 60 del 2013), nel fornire una
ricostruzione del quadro dei controlli, afferma, in punto di controlli sugli enti locali e sugli enti del
Servizio sanitario nazionale –, che “(..) l’articolo 1, commi da 166 a 172, della legge 23 dicembre
2005, n. 266 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato –
legge finanziaria 2006) ha attribuito alla Corte dei conti un controllo diretto sui bilanci anche
attraverso i revisori dei conti, nei confronti dei quali vengono emanate apposite linee-guida (art. 1,
comma 167, della legge n. 266 del 2005). Le richiamate disposizioni hanno pertanto esteso a
tutto il territorio nazionale i controlli sugli enti locali e sugli enti del Servizio sanitario nazionale ai
fini del rispetto del patto di stabilità interno e degli equilibri della finanza pubblica, configurando
un sindacato generale ed obbligatorio sui bilanci preventivi e consuntivi di ciascun ente locale.
Infine, l’art. 148-bis del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi
sull’ordinamento degli enti locali), introdotto dall’art. 3, comma 1, lettera e), del decreto-legge 10
ottobre 2012, n. 174 (Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti
territoriali, nonché ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012),
convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213 (..), ha rafforzato i controlli
attribuiti alle sezioni regionali della Corte dei conti sui bilanci preventivi e sui rendiconti consuntivi
degli enti locali, ai fini della verifica degli equilibri di bilancio, in esito ai quali – in caso di mancato
adeguamento dell’ente locale alle pronunce di accertamento di irregolarità contabili o di eventuali
scostamenti dagli obiettivi di finanza pubblica – è preclusa l’attuazione dei programmi di spesa
per i quali è stata accertata la mancata copertura o l’insussistenza della relativa sostenibilità
finanziaria. (..) Tanto premesso – ha proseguito la Corte – il suddetto controllo – positivamente
disciplinato dalle norme summenzionate e, per gli enti locali e per gli enti del Servizio sanitario
nazionale, dall’art. 1, commi da 166 a 172, della legge n. 266 del 2005 – è finalizzato ad
assicurare, in vista della tutela dell’unità economica della Repubblica e del coordinamento della
finanza pubblica, la sana gestione finanziaria del complesso degli enti territoriali, nonché il
rispetto del patto di stabilità interno e degli obiettivi di governo dei conti pubblici concordati in
sede europea” (cfr. Corte Cost. n. 60/2013).
4.4. Anche sulla base di tali richiami giurisprudenziali, si ritiene, a livello di sistema, di poter
considerare la connessione tra il modello di cui all’art. 1, commi 166, 167, 168 e 169, della legge
n. 266/2005 e le innovazioni introdotte dall’art. 6, comma 2, del d.lgs. 149/2011, nell’ambito della
procedura del cd. “dissesto guidato”. Su tali aspetti, invero, la procedura del dissesto guidato
degli enti locali è stata affrontatafunditus nella delibera della Sezione Autonomie della Corte dei
conti n. 2/SEZAUT/2012, che ha molto analiticamente ed in maniera assai chiara scandito la
struttura e la sequenza procedurale (dalle verifiche sulla sana gestione ex art. 1, comma 166,
della legge n. 266/2005, sino all’accertamento definitivo dello stato di dissesto da parte della
Sezione regionale di controllo della Corte dei conti).
Senza, dunque, ripercorrere tali aspetti, appare utile evidenziare la richiamata connessione con il
modello di controllo attivato ai sensi dell’art. 1, commi 166 e seguenti, della legge 23 dicembre
2005, n. 266, che può avere la sua naturale evoluzione, in caso di rilevanti anomalie riscontrate
nella gestione finanziaria dell’ente, nella procedura prevista, appunto, dall’art. 6, comma 2 del
decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149. Da ciò discende che anche gli ulteriori compiti
intestati alla Corte dei conti ex art. 6, comma 2, del d.lgs. n. 149/2011, essendo espressione degli
analoghi principi di controllo, ripetono la natura ed il fondamento indicati dall’appena evocata
giurisprudenza del Giudice delle leggi e, quindi, sono sottratti in via di principio, al sindacato
giurisdizionale di altro giudice diverso dalle Sezioni riunite della stessa Corte in speciale
composizione.
4.5. Neppure può affermarsi, ancora, con riferimento specifico ai rapporti fra la delibera della
Sezione regionale di controllo e l’atto conseguenziale adottato da Prefetto, che l’attività espressa
nella delibera della Sezione regionale di controllo della Corte dei conti non è riconducibile ad
attività esente dal sindacato del giudice amministrativo nella considerazione che il procedimento
del cosiddetto “dissesto guidato”, disciplinato dall’art. 6, comma 2, del d.lgs. n. 149/2011, integri,
sostanzialmente, un segmento di una complessiva procedura che conduce alla dichiarazione di
dissesto da parte del Comune, o del commissario ad acta qualora l’ente rimanga inerte dopo la
diffida a provvedere intimata dal prefetto.
Al riguardo va posto in evidenza che la Corte esercita, nella fattispecie descritta, un proprio
autonomo ed esclusivo potere di sindacato attraverso il quale accerta lo scostamento dell’azione
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amministrativa dai parametri di sana gestione finanziaria e di regolarità amministrativa e contabile
della stessa, contenuti nelle disposizioni dell’ordinamento contabile degli enti locali di cui al TUEL
approvato con il d.gs. n. 267/2000 e nelle leggi che introducono misure di coordinamento della
finanza pubblica per il rispetto dei vincoli derivanti dall’appartenenza all’Unione europea e per la
tutela dell’unità economica della Repubblica. Tutto ciò, tenuta presente l’assoluta autonomia
ordinamentale, funzionale e procedimentale delle fasi che caratterizzano la procedura del
“dissesto guidato” ex art. 6, comma 2, del d.lgs. n. 149/2011 intestata alla Corte dei conti, che si
conclude con l’accertamento della persistenza dell’inadempimento alle misure correttive e
l’accertamento delle condizioni di dissesto.
Sul versante dell’ente soggetto alla procedura di “dissesto guidato”, il termine che ai sensi
dell’art. 6, comma 2, del d.lgs. n. 149/2011 la Sezione regionale di controllo assegna per
l’adozione di misure correttive, serve a produrre l’effetto costitutivo dell’obbligo a provvedere in
capo all’ente medesimo e a qualificare il conseguente, eventuale, inadempimento per gli effetti
giuridici che ne conseguono. Gli effetti conseguenti, all’esito della successiva delibera di
accertamento dell’inadempimento, sono prodromici all’obbligo della dichiarazione di dissesto,
comportando l’accertamento ricognitivo del persistente inadempimento e della sussistenza delle
condizioni di cui all’art. 244 del d.lgs. n. 267/2000 (TUEL) per la dichiarazione del dissesto
finanziario.
Quelli sopraindicati sono da considerarsi obblighi di attività posti a tutela dell’ordinamento, e
segnatamente, dell’interesse pubblico alla corretta e ordinata gestione delle amministrazioni
pubbliche.
4.6. Sulla base di tali argomentazioni può, dunque, ben affermarsi che le deliberazioni adottate
dalla Corte dei conti nell’esercizio del potere di controllo – e comunque quelle emanate
nell’ambito del controllo sulla gestione finanziaria degli enti locali – sono, per quanto detto, non
sindacabili da parte di altro giudice diverso dalle Sezioni riunite della stessa Corte in speciale
composizione.
Questi presupposti di ordine sistematico trovano, ad avviso del Collegio, compiuta ed esplicita
definizione nella esclusiva giurisdizione sulle delibere delle Sezioni regionali di controllo della
Corte dei conti in materia di piani di riequilibrio finanziario e di dissesto degli enti locali, prevista
dalle nuove disposizioni aggiunte all’art. 243 del d.lgs. n. 267/2000, dall’art. 3, comma 1, lett. r),
del d.l. n. 174/2012, convertito nella legge n. 213/2012, cui già si è fatto cenno in precedenza. Le
predette disposizioni prevedono espressamente che, proposto il piano di riequilibrio finanziario
pluriennale da parte dell’Ente, ove la competente Sezione regionale di controllo – dopo
l’istruttoria espletata ai sensi dell’art. 243-quater del d.lgs. n. 267/2000 (TUEL) – non lo approvi,
l’Ente può fare ricorso, nelle forme del giudizio ad istanza di parte (tipico ricorso giurisdizionale
previsto dal R.D. n. 1038/33) “innanzi alle Sezioni riunite della Corte dei conti in speciale
composizione, che si pronunciano, nell’esercizio della propria giurisdizione esclusiva in tema di
contabilità pubblica, ai sensi dell’art. 103, secondo comma, della Costituzione, entro 30 giorni dal
deposito del ricorso”, stabilendo, nella seconda parte della norma, che “le medesime Sezioni
riunite si pronunciano in unico grado, nell’esercizio della medesima giurisdizione esclusiva, sui
ricorsi avverso i provvedimenti di ammissione al Fondo di rotazione di cui all’articolo 243-ter”.
In proposito preme evidenziare due considerazioni che appaiono, sul punto, assorbenti e
dirimenti. La prima è che il potere della Corte dei conti di esercitare il controllo sulla procedura di
riequilibrio finanziario degli Enti locali, viene dal legislatore posto in diretto riferimento all’art. 100,
comma 2, della Costituzione (cfr., sul punto, anche le sentenze della Corte Costituzionale sopra
ricordate), per cui si tratta dell’esercizio di un’attribuzione che è riconosciuta e demandata alla
Corte dei conti da una norma posta al vertice dell’ordinamento. La seconda è che nell’ambito
dell’esercizio di questo potere si coglie una fase che ha i caratteri e la natura di giurisdizione
esclusiva, ovvero di una potestà sindacatoria che ha avvio dalla presentazione di un atto avente,
anch’esso e indubbiamente, una natura giurisdizionale (il ricorso “ad istanza di parte”) e si
conclude con una “pronuncia”, tipica locuzione per indicare un decisum giurisdizionale, il che
serve ad escludere che le delibere delle sezioni regionali di controllo in materia possano
assumere valenza endoprocedimentale ai fini della declaratoria di dissesto.
Ciò porta a concludere che l’atto del Prefetto di diffida al Comune si atteggia come atto vincolato
al riscontro di quanto previsto dall’art. 243-quater, comma 7, del d.lgs. n. 267/2000, introdotto
dall’art. 3, comma 1, lett. r), del d.l. n. 174/2012, convertito nella legge n. 213/2012, e, in quanto
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tale, trova collocazione nella nuova complessa procedura, la cui cognizione, in caso di
impugnativa, spetta naturaliteralle Sezioni riunite della Corte dei conti; per converso, se lo stesso
atto amministrativo o altri eventuali successivi provvedimenti risultassero inficiati da vizi propri –
formali o sostanziali – la tutela giurisdizionale spetterebbe al altro giudice, ordinario o
amministrativo, a seconda delle posizioni soggettive che risultassero lese e nel rispetto del riparto
di giurisdizione costituzionalmente previsto.
4.7. Alla luce delle considerazioni suesposte queste Sezioni riunite ritengono che le delibere delle
Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti in materia di piani di riequilibrio finanziario e di
dissesto degli enti locali, previste dalle nuove disposizioni aggiunte all’art. 243 del d.lgs. n.
267/2000, dall’art. 3, comma 1, lett. r), del d.l. n. 174/2012, convertito nella legge n. 213/2012,
non sono suscettibili di impugnazione innanzi ad altro giudice diverso dalle Sezioni riunite della
Corte dei conti, dovendosi affermare che le stesse delibere delle Sezioni regionali di controllo
della Corte dei conti, in quanto rientranti sicuramente nella materia di contabilità pubblica, ed in
quanto aventi una sicura rilevanza nel sistema generale di controllo della finanza pubblica,
intestato dalla legislazione vigente alla Corte dei conti, anche alla luce della più recente
giurisprudenza della Corte Costituzionale sopra richiamata, rientrano nella giurisdizione esclusiva
della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica ai sensi dell’art. 103, comma 2, della
Costituzione.
4.8. Per ciò che riguarda specificamente la corretta interpretazione da dare alla nozione “materie
di contabilità pubblica” ex art. 103, secondo comma, della Costituzione, pur senza addentrarsi nel
dibattito culturale e giuridico innestato dalla portata del disposto costituzionale di cui al
menzionato art. 103, secondo comma, della Costituzione e dalla stessa nozione della “materia di
contabilità pubblica” (o “delle materie”, come testualmente prevede la norma costituzionale) nella
dimensione accolta dalla giurisprudenza anche costituzionale, il Collegio ritiene di dover, sia pure
sinteticamente, evidenziare taluni profili sistematici relativi al caso di specie e direttamente
incidenti sul giudizio.
4.9. Una prima considerazione concerne la chiara e formale interpositio legislatoris (richiesta
dallo stesso Giudice delle leggi su problematiche afferenti l’area della cognizione sul versante dei
giudizi di responsabilità amministrativa da attribuire alla Corte dei conti) e che nella specie, come
appresso meglio si preciserà, si pone su un piano ancora più alto e specifico. Ed, invero, il
puntuale riferimento del comma 5 dell’art. 243-quater del d.lgs. n. 267/2000 (TUEL), laddove
prevede che “le Sezioni riunite della Corte dei conti in speciale composizione si pronunciano,
nell’esercizio della propria giurisdizione esclusiva in tema di contabilità pubblica, ai sensi
dell’articolo 103, secondo comma, della Costituzione”, sgombra ogni dubbio sulla sussistenza di
una giurisdizione piena ed esclusiva in tema di contabilità pubblica, ancorandola solidamente alla
citata norma costituzionale.
E, del resto, sul piano sostanziale, la citata disposizione si pone chiaramente quale norma di
chiusura e di garanzia di valori ordinamentali, quali quelli della tutela degli equilibri finanziari oggi
espressamente previsti in Costituzione, nel cui alveo complessivo si inquadra anche la
complessa procedura di riequilibrio finanziario pluriennale prevista dal d.l. 10 ottobre 2012, n.
174, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213. Tale procedura prevede,
come su innanzi riferito, puntuali scansioni che vedono coinvolta la Corte nelle sue diverse
articolazioni centrali e territoriali.
Ed invero, come è stato osservato di recente anche in sede di questione di massima (cfr. Corte
dei conti – Se z ion e de l le au ton omie , n . 13/SEZAUT/2013/QMIG), la procedura di
riequilibrio pluriennale e la sua corretta gestione, sono da inquadrare a tutela degli interessi della
corretta gestione finanziaria. Interessi la cui prima matrice risiede proprio nel rispetto degli
equilibri di bilancio ora oggetto di espressa tutela costituzionale ai sensi della legge costituzionale
20 aprile 2012, n. 1 e della legge 24 dicembre 2012, n. 243 (Disposizioni per l’attuazione del
principio del pareggio di bilancio ai sensi dell’art. 81 della Costituzione).
4.10. Ciò posto sul piano sistematico ed ordinamentale, ritiene il Collegio di potersi ulteriormente
soffermare sull’area di competenze più propriamente ascrivibili alla cognizione della Magistratura
contabile, non trascurando significativi statuizioni, che, pur se rese nel diverso ambito delle
funzioni della cosiddetta “nomofilachia contabile”, possono rivestire interesse.
In tale diversa sede, le Sezioni riunite in sede di controllo hanno ritenuto doveroso
puntualizzare “che la disposizione in questione (nella specie riferita alla funzione consultiva
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attribuita alla Corte dei conti dall’art. 7, comma 8, della legge n. 131/2003) conferisce alle Sezioni
regionali di controllo non già una funzione di consulenza di portata generale, bensì limitata alla
“materia di contabilità pubblica”. Cosicché- hanno aggiunto le Sezioni riunite – la funzione di che
trattasi risulta, anche, più circoscritta rispetto alle ‘ulteriori forme di collaborazione’, di cui la
medesima succitata disposizione fa menzione, che gli Enti territoriali possono richiedere ‘ai fini
della regolare gestione finanziaria e dell’efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa’. Da ciò
discende, in primo luogo, – ha precisato ancora l’organo di nomofilachia -che non è da
condividere qualsivoglia interpretazione dell’espressione “in materia di contabilità pubblica”, che,
vanificando lo stesso limite posto dal legislatore, conduca al risultato di estendere l’attività
consultiva in discorso a tutti i settori dell’azione amministrativa, in tal guisa realizzando, perdipiù,
l’inaccettabile risultato di immettere questa Corte nei processi decisionali degli Enti
territoriali” (cfr. Sezioni riunite in sede di controllo n. 54/CONTR/10, adottata nelle Camere di
consiglio del 21 ottobre 2010 e dell’8 novembre 2010).
Peraltro, le stesse Sezioni riunite hanno evidenziato “il carattere dinamico del concetto in
esame” ed hanno affermato che “la funzione consultiva della Sezione regionale di controllo nei
confronti degli Enti territoriali sarebbe, tuttavia, senz’altro incompleta se non avesse la possibilità
di svolgersi nei confronti di quei quesiti che risultino connessi alle modalità di utilizzo delle risorse
pubbliche, nel quadro di specifici obiettivi di contenimento della spesa sanciti dai principi di
coordinamento della finanza pubblica – espressione della potestà legislativa concorrente di cui
all’art. 117, comma 3, della Costituzione – contenuti nelle leggi finanziarie, in grado di
ripercuotersi direttamente sulla sana gestione finanziaria dell’Ente e sui pertinenti equilibri di
bilancio. Si vuole, in tal modo, evidenziare come talune materie (quali quella concernente il
personale, l’attività di assunzione, cui è equiparata quella afferente le progressioni di carriera, la
mobilità, gli incarichi di collaborazione con soggetti esterni, i consumi intermedi ecc.) – in
considerazione della rilevanza dei pertinenti segmenti di spesa, che rappresentano una parte
consistente di quella corrente degli Enti locali, idonea ad influire sulla rigidità strutturale dei
relativi bilanci – vengono a costituire inevitabili riferimenti cui ricorrere, nell’ambito della funzione
di coordinamento della finanza pubblica, per il conseguimento di obiettivi di riequilibrio finanziario,
cui sono, altresì, preordinate misure di contenimento della complessiva spesa pubblica, nel
quadro dei principi individuati dalla giurisprudenza costituzionale. Ne consegue la previsione
legislativa di limiti e divieti idonei a riflettersi, come detto, sulla sana gestione finanziaria degli Enti
e sui pertinenti equilibri di bilancio”.
Si tratta, in definitiva, di principi di salvaguardia degli equilibri di bilancio già presenti nelle
normative generali e che risultano fortemente valorizzati nel complessivo disegno normativo di
cui al più volte menzionato decreto legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con modificazioni,
dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213, approvato dal Parlamento in un contesto di spiccata
attenzione alla loro tutela, in coerenza a valori costituzionali e di derivazione europea, sui quali si
radicano, come precisato dall’insegnamento della Corte Costituzionale, i compiti e le funzioni di
controllo intestati alla Corte dei conti. Compiti e funzioni puntualmente definiti con riguardo alla
procedura di riequilibrio in discorso, e che si saldano strettamente con quelli, altrettanto chiari,
della esclusiva giurisdizione contabile a chiusura del sistema finanziario e contabile.
4.11. Conclusivamente può osservarsi, quale corollario dei principi sopra esposti, che nella
specie non si è solo in presenza di una “interpositio legislatoris”, bensì di un vero e proprio rinvio
diretto della norma ordinaria alla norma costituzionale (art. 103, secondo comma, della
Costituzione). Fenomeno non nuovo, quest’ultimo, proprio in materia di tutela degli equilibri
finanziari pubblici, allorché l’art. 30, comma 15, della legge n. 289/2002, ha fatto espresso
riferimento (divieto di ricorso all’indebitamento per spese che non siano di investimento) all’art.
119, sesto comma, della Costituzione.
Se poi si considera, altresì, che l’intero impianto della novella costituzionale n. 1/2012 (che tocca,
tra gli altri articoli della Costituzione, anche il citato articolo 119), che ha avuto attuazione con la
legge 24 dicembre 2012, n. 243 (“Disposizioni per l’attuazione del principio del pareggio di
bilancio ai sensi dell’art. 81 della Costituzione”), è volto alla tutela degli equilibri di bilancio dello
Stato, degli enti pubblici e degli enti territoriali, può giungersi alla conclusione che le “materie di
contabilità pubblica” possono oggi correttamente e positivamente individuarsi in un organico
corpo normativo, inteso alla tutela della integrità dei bilanci pubblici, dotato di copertura
costituzionale e presidiato da un giudice naturale, che è la Corte dei conti nelle sue varie
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attribuzioni costituzionali, similmente a quanto, del resto, avviene per i cosiddetti “blocchi di
materie” riservati alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (cfr. Corte Cost. n.
204/2004), consacrata da specifiche disposizioni normative.
5. Affermata, quindi, nella fattispecie che qui ne occupa, la giurisdizione della Corte dei conti, e
segnatamente di queste Sezioni riunite in composizione speciale ai sensi dell’art. 243-quater,
comma 5, del d.lgs. n. 267/2000, introdotto dall’art. 3, comma 1, lett. r), del d.l. n. 174/2012,
convertito, con modificazioni, dalla legge n. 213/2012, sul piano più strettamente processuale
preme rilevare che trattasi, come si è detto, di un ricorso ad istanza di parte, istituto la cui
disciplina normativa va rinvenuta nel Regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei
conti, approvato con il R.D. 13 agosto 1933, n. 1038, e segnatamente negli artt. 52-58.
In particolare, per quanto riguarda il ricorso che qui ne occupa, la relativa disciplina va rinvenuta
nell’art. 58, il quale testualmente prevede, al comma 1, che “gli altri giudizi ad iniziativa di parte,
di competenza della Corte dei conti, nei quali siano interessati anche persone od enti diversi dallo
Stato, sono istituiti mediante ricorso da notificarsi nelle forme della citazione”, e che “il decreto di
fissazione d’udienza, emesso su istanza della parte più diligente, deve, a cura di questa, essere
notificato a tutte le altri parti in causa”. Aggiunge, poi, il comma 2 dello stesso art. 58 che “quando
lo Stato non abbia interesse in tali giudizi, il procuratore generale conclude solamente all’udienza;
in caso diverso, formula le sue conclusioni e le deposita in segreteria nei trenta giorni antecedenti
all’udienza fissata” (art. 58 del Regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei conti,
approvato con il R.D. 13 agosto 1933, n. 1038).
6. Così individuata la particolare normativa di riferimento, è appena il caso di rilevare che,
sebbene la norma parli di “Sezioni riunite in composizione speciale”, di cui sono chiamati a far
parte, sulla base dell’ordinanza del Presidente della Corte dei conti n. 5 del 4 marzo 2013 ORDPUOPROT-
P (con la quale è stata statuita la determinazione del Collegio delle Sezioni riunite in
speciale composizione ai sensi del predetto art. 243-quater, comma 5, del d.lgs. n. 267/2000,
introdotto dall’art. 3, comma 1, lett. r), del d.l. n. 174/2012, convertito nella legge n.
213/2012), “magistrati appartenenti sia all’area giurisdizionale che a quella del controllo”, non vi è
dubbio alcuno sul fatto che la decisione emessa da queste Sezioni riunite e il relativo
procedimento abbiano natura assolutamente giurisdizionale,“trattandosi – come puntualmente si
afferma nel predetto decreto presidenziale – di competenze giurisdizionali delle Sezioni riunite ai
sensi dell’art. 103, comma 2, della Costituzione”.
6.1. E’ ancora il caso di ricordare che anche in tale tipo di giudizi è prevista la presenza del
Procuratore generale, essendo, al riguardo, la norma assai chiara nell’affermare che “quando lo
Stato non abbia interesse in tali giudizi, il Procuratore generale conclude solamente all’udienza”,
e che “in caso diverso, formula le sue conclusioni e le deposita in segreteria nei trenta giorni
antecedenti all’udienza fissata”.
Anche la Corte Costituzionale (sentenza n. 1/2007), peraltro, nell’affermare che, pur in
considerazione della presenza del pubblico ministero, anche nel giudizio ad istanza di parte
innanzi alla Corte dei conti di cui agli artt. 52-58 del regolamento di procedura per i giudizi innanzi
alla Corte dei conti deve essere garantita la corretta ed integrale instaurazione del contraddittorio
allo scopo di soddisfare le esigenze di garanzia di cui agli artt. 24 e 111 della Costituzione, ha
implicitamente riconosciuto la necessaria presenza del Procuratore generale in tale tipo di
giudizio.
6.2. Così acclarata la presenza, e quindi la legittimazione, del Procuratore generale, a stare in
tale tipo di giudizio, va, tuttavia, precisato, con riferimento al termine per il deposito delle sue
conclusioni, che, attesa l’espressa previsione normativa di cui al citato art. 243-quater, comma 5,
del d.lgs. n. 267/2000, introdotto dall’art. 3, comma 1, lett. r), del d.l. n. 174/2012, convertito dalla
legge n. 213/2012 (il quale prevede che “le Sezioni riunite della Corte dei conti in speciale
composizione si pronunciano (..) entro 30 giorni dal deposito del ricorso”), il termine di “trenta
giorni antecedenti all’udienza” fissato per il deposito delle sue conclusioni, previsto dal secondo
comma dell’art. 58 del Regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei conti,
approvato con il R.D. 13 agosto 1933, n. 1038, non può che ritenersi abbreviato nel senso che il
deposito debba avvenire in tempo utile a consentirne la visione alla parte ricorrente e alle altre
parti costituite, ai fini del rispetto del contraddittorio.
6.2.1. Sempre con riferimento ai termini del giudizio ad istanza di parte che qui ne occupa, preme
rilevare, peraltro, che sicuramente di tipo perentorio deve ritenersi il termine di 30 giorni fissato
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dal ridetto art. 243-quater, comma 5, del d.lgs. n. 267/2000, introdotto dall’art. 3, comma 1, lett. r),
del d.l. n. 174/2012, convertito dalla legge n. 213/2012, per l’impugnazione della delibera di
approvazione o di diniego del piano da parte dell’ente locale, “nelle forme del giudizio ad istanza
di parte”, e quindi previa rituale notifica del ricorso “nelle forme della citazione” alla controparte o
alle altre parti in senso sostanziale interessate.
6.2.2. Per ciò che riguarda, invece, il termine di “30 giorni dal deposito del ricorso”, previsto
sempre dall’art. 243-quater, comma 5, del d.lgs. n. 267/2000, introdotto dall’art. 3, comma 1, lett.
r), del d.l. n. 174/2012, convertito dalla legge n. 213/2012, per le Sezioni riunite per pronunciarsi,
è appena il caso di precisare che entro detto termine le stesse Sezioni riunite devono
necessariamente rendere una pronuncia, che non necessariamente deve consistere in una
sentenza, ben potendo essere un’ordinanza istruttoria laddove il giudice ravvisi la necessità di
svolgere adempimenti istruttori per l’acquisizione di documenti o informazioni necessari ai fini del
decidere.
6.3. Non v’è dubbio, peraltro, che anche in questo tipo di giudizio, ai fini della procedibilità dello
stesso, debba aversi riguardo alla regolare instaurazione del contraddittorio, dovendosi verificare
se, nel caso di specie, il ricorso sia stato regolarmente e ritualmente notificato “nelle forme della
citazione” alla controparte o alle altre parti in senso sostanziale interessate, e se a queste sia
stato altresì notificato, a cura della Segreteria del giudice, il decreto di fissazione di udienza.
7. Ciò premesso in punto di diritto, con riferimento al caso di specie va rilevato che il
contraddittorio fra le parti risulta regolarmente costituito, atteso che il ricorso è stato regolarmente
e ritualmente depositato nella Segreteria delle Sezioni riunite con la prova della avvenuta, rituale
notifica del ricorso stesso alla Sezione regionale di controllo della Corte dei conti per la Calabria
(con le precisazioni che seguono), al Prefetto di Catanzaro, al Procuratore generale della Corte
dei conti, e al Ministero dell’Interno – Direzione Centrale per gli Uffici Territoriali del Governo e
per le Autonomie Locali (Commissione per la finanza e gli organici degli Enti locali), in Roma, e
che, a cura della Segreteria di queste Sezioni riunite, agli organi suddetti è stato regolarmente e
ritualmente notificato il decreto di fissazione dell’udienza pubblica odierna. Ciò non esclude, in via
di principio, che altri soggetti interessati possano partecipare al giudizio ad istanza di parte, nelle
forme dell’intervento, sempreché, naturalmente, risultino portatori di interessi legittimanti e nelle
forme di rito.
Giova altresì considerare che del tutto peculiare appare anche la posizione della Sezione
regionale di controllo, in quanto la stessa non può definirsi parte del giudizio, poiché essa non è
portatrice di interessi propri, bensì di interessi oggettivi legati alla funzione neutrale del suo
controllo; ma ciò non comporta la non conoscibilità dello svolgimento di un giudizio che ha per
oggetto la deliberazione della Sezione stessa, il che giustifica, sotto un profilo organizzatorio e
funzionale, la notifica del ricorso e del decreto di fissazione di udienza.
8. Peraltro, con riferimento all’assunzione della qualità di parte in senso sostanziale o
processuale nel presente giudizio, e a tutte le conseguenze di legge connesse a tale veste in
base alle norme del Regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei conti, approvato
con il R.D. 13 agosto 1933, n. 1038, o alle norme del codice di procedura civile a cui fa rinvio
l’art. 26 dello stesso regolamento, è appena il caso di rilevare che sicuramente non può ritenersi
parte nel presente giudizio, né in senso sostanziale, né in senso processuale, la Sezione
regionale di controllo per la Calabria che ha emesso la delibera impugnata con il ricorso in
esame, atteso che la stessa è solo l’organo della Corte dei conti che, in sede di controllo e
nell’ambito della particolare, peculiare, e complessa procedura per l’approvazione o il diniego del
piano di riequilibrio pluriennale di cui all’articolo 243-quater, commi 1 e 3, dello stesso d.lgs. n.
267/2000, introdotto dall’art. 3, comma 1, lett. r), del d.l. n. 174/2012, convertito, con
modificazioni, dalla legge n. 213/2012, ha emesso la relativa delibera di approvazione o di
diniego, impugnabile, in una sorta di revisio prioris istantiae del tutto peculiare, e ferma restando
la diversa natura delle attribuzioni della Corte in sede di controllo e in sede giurisdizionale,
innanzi a queste Sezioni riunite in composizione speciale ai sensi del più volte menzionato art.
243-quater, comma 5, del d.lgs. n. 267/2000, introdotto dall’art. 3, comma 1, lett. r), del d.l. n.
174/2012, convertito dalla legge n. 213/2012. La peculiare natura della procedura che ne occupa
è ravvisabile, altresì, anche comparando la norma attributiva di competenze alle Sezioni riunite in
questo tipo di giudizio, il cui antecedente è la delibera della Sezione regionale di controllo, con le
altre due ipotesi normativamente previste, in cui le Sezioni riunite giudicano in speciale
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composizione, ma in unico grado (ricorsi aventi ad oggetto il Fondo di rotazione ex art. 243,
comma 5, più volte citato, o di ricorsi in materia di atti dell’Istat ex art. 1, comma 169, legge 24
dicembre 2012, n. 228). In tali ultimi giudizi, appunto, l’antecedente è rappresentato da un atto
della P.A. e ciò evidentemente giustifica la unicità del grado. Come tale, la Sezione regionale di
controllo della Corte dei conti sicuramente non può essere assimilata ad una pubblica
amministrazione, e meno che mai può assumere, per i motivi esposti, la qualità di parte in senso
sostanziale o processuale nel presente giudizio.
9. Proprio per i motivi anzidetti, e cioè, per il fatto che la Sezione regionale di controllo per la
Calabria non è parte in senso sostanziale o processuale nel presente giudizio, deve ritenersi del
tutto irrituale, e quindi inammissibile, convenendosi sul punto con le considerazioni della Procura
generale, la memoria della stessa Sezione regionale di controllo per la Calabria della Corte dei
conti approvata con ordinanza n. 15 adottata nell’adunanza del 3 maggio 2013, e trasmessa “per
opportuna conoscenza” con nota Prot. ris. n. 12 del 6 maggio 2013, acquisita agli atti del
fascicolo di causa dalla Segreteria di queste Sezioni riunite in data 28 maggio 2013.
10. Tutto ciò premesso in punto di diritto con riferimento al particolare tipo di giudizio che qui ne
occupa, e passando all’esame del merito, giova preliminarmente ricordare che l’art. 3, comma
1, lett. r), del d.l. 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre
2012, n. 213, ha profondamente innovato il quadro normativo di riferimento in materia di dissesto
degli enti locali, prevedendo l’inserimento di una serie di ulteriori disposizioni dopo l’art. 243 del
d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (TUEL).
10.1. In particolare, l’art. 243-bis del d.lgs. n. 267/2000, introdotto dalla predetta norma, nel
disciplinare la “procedura di riequilibrio finanziario pluriennale”, prevede, al comma 1, che “i
comuni e le province per i quali, anche in considerazione delle pronunce delle competenti sezioni
regionali della Corte dei conti sui bilanci degli enti, sussistano squilibri strutturali del bilancio in
grado di provocare il dissesto finanziario, nel caso in cui le misure di cui agli articoli 193 e 194
non siano sufficienti a superare le condizioni di squilibrio rilevate, possono ricorrere, con
deliberazione consiliare alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale prevista dal presente
articolo. La predetta procedura – prevede ancora la norma – non può essere iniziata qualora la
Sezione regionale della Corte dei conti provveda, a decorrere dalla data di entrata in vigore della
presente disposizione, ai sensi dell’articolo 6, comma 2, del decreto legislativo 6 settembre 2011,
n. 149, ad assegnare un termine per l’adozione delle misure correttive di cui al comma 6, lettera
a), del presente articolo”. Il comma 2 dello stesso l’art. 243-bis del d.lgs. n. 267/2000 stabilisce,
poi, che “la deliberazione di ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale è
trasmessa, entro 5 giorni dalla data di esecutività, alla competente Sezione regionale della Corte
dei conti e al Ministero dell’interno”, mentre il comma 3 dello stesso articolo prevede che “il
ricorso alla procedura di cui al presente articolo sospende temporaneamente la possibilità per la
Corte dei conti di assegnare, ai sensi dell’articolo 6, comma 2, del decreto legislativo 6 settembre
2011, n. 149, il termine per l’adozione delle misure correttive di cui al comma 6, lettera a), del
presente articolo”.
Lo stesso art. 243-bis stabilisce, poi, al comma 4, che “le procedure esecutive intraprese nei
confronti dell’ente sono sospese dalla data di deliberazione di ricorso alla procedura di riequilibrio
finanziario pluriennale fino alla data di approvazione o di diniego di approvazione del piano di
riequilibrio pluriennale di cui all’articolo 243-quater, commi 1 e 3”, aggiungendo, al comma 5,
che “il consiglio dell’ente locale, entro il termine perentorio di 60 giorni dalla data di esecutività
della delibera di cui al comma 1, delibera un piano di riequilibrio finanziario pluriennale della
durata massima di 10 anni, compreso quello in corso, corredato del parere dell’organo di
revisione economico-finanziario”.
Il comma 6, poi, prevede che “il piano di riequilibrio finanziario pluriennale deve tenere conto di
tutte le misure necessarie a superare le condizioni di squilibrio rilevate e deve, comunque,
contenere: a) le eventuali misure correttive adottate dall’ente locale in considerazione dei
comportamenti difformi dalla sana gestione finanziaria e del mancato rispetto degli obiettivi posti
con il patto di stabilità interno accertati dalla competente Sezione regionale della Corte dei conti;
b) la puntuale ricognizione, con relativa quantificazione, dei fattori di squilibrio rilevati,
dell’eventuale disavanzo di amministrazione risultante dall’ultimo rendiconto approvato e di
eventuali debiti fuori bilancio; c) l’individuazione, con relative quantificazione e previsione
dell’anno di effettivo realizzo, di tutte le misure necessarie per ripristinare l’equilibrio strutturale
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del bilancio, per l’integrale ripiano del disavanzo di amministrazione accertato e per il
finanziamento dei debiti fuori bilancio entro il periodo massimo di dieci anni, a partire da quello in
corso alla data di accettazione del piano; d) l’indicazione, per ciascuno degli anni del piano di
riequilibrio, della percentuale di ripiano del disavanzo di amministrazione da assicurare e degli
importi previsti o da prevedere nei bilanci annuali e pluriennali per il finanziamento dei debiti fuori
bilancio”.
Il comma 7, poi, precisa che “ai fini della predisposizione del piano, l’ente è tenuto ad effettuare
una ricognizione di tutti i debiti fuori bilancio riconoscibili ai sensi dell’articolo 194”, e che “per il
finanziamento dei debiti fuori bilancio l’ente può provvedere anche mediante un piano di
rateizzazione, della durata massima pari agli anni del piano di riequilibrio, compreso quello in
corso, convenuto con i creditori”.
10.2. Nel disciplinare, poi, l’esame del piano di riequilibrio finanziario pluriennale e il controllo
sulla relativa attuazione, l’art. 243-quater del d.lgs. n. 267/2000 (TUEL), introdotto sempre
dall’art. 3, comma 1,lett. r), del d.l. n. 174/2012, convertito dalla legge n. 213/2012, prevede, al
comma 1 (ora modificato, nelle more del deposito della presente sentenza, dall’art. 10-ter del
decreto legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito dalla legge 6 giugno 2013, n. 64), che “entro dieci
giorni dalla data della delibera di cui all’articolo 243-bis, comma 5, il piano
di riequilibrio finanziario pluriennale è trasmesso alla competente Sezione regionale di controllo
della Corte dei conti, nonché alla Commissione di cui all’articolo 155, la quale, entro il termine di
sessanta giorni dalla data di presentazione del piano, svolge la necessaria istruttoria anche sulla
base delle Linee guida deliberate dalla Sezione delle Autonomie della Corte dei conti. All’esito
dell’istruttoria, – aggiunge ancora la norma – la Commissione redige una relazione finale, con gli
eventuali allegati, che è trasmessa alla Sezione regionale di controllo della Corte dei conti”.
Lo stesso art. 243-quater prevede, poi, al comma 2, che “in fase istruttoria, la sottocommissione
di cui al comma 1 può formulare rilievi o richieste istruttorie, cui l’ente è tenuto a fornire risposta
entro trenta giorni (..)”, aggiungendo, al comma 3, che “la Sezione regionale di controllo della
Corte dei conti, entro il termine di 30 giorni dalla data di ricezione della documentazione di cui al
comma 1, delibera sull’approvazione o sul diniego del piano, valutandone la congruenza ai fini
del riequilibrio”, e che “in caso di approvazione del piano, la Corte dei conti vigila sull’esecuzione
dello stesso, adottando in sede di controllo, effettuato ai sensi dell’articolo 243-bis, comma 6,
lettera a), apposita pronuncia”, e prescrivendo, al comma 4, che “la delibera di accoglimento o di
diniego di approvazione del piano di riequilibrio finanziario pluriennale è comunicata al Ministero
dell’interno”.
Il comma 5 dell’art. 243-quater del d.lgs. n. 267/2000 (TUEL), che viene in particolare rilievo in
questa sede, prevede, poi, che “la delibera di approvazione o di diniego del piano può essere
impugnata entro 30 giorni, nelle forme del giudizio ad istanza di parte, innanzi alle Sezioni riunite
della Corte dei conti in speciale composizione che si pronunciano, nell’esercizio della propria
giurisdizione esclusiva in tema di contabilità pubblica, ai sensi dell’articolo 103, secondo comma,
della Costituzione, entro 30 giorni dal deposito del ricorso”. “Le medesime Sezioni riunite –
aggiunge ancora la norma – si pronunciano in unico grado, nell’esercizio della medesima
giurisdizione esclusiva, sui ricorsi avverso i provvedimenti di ammissione al Fondo di rotazione di
cui all’articolo 243-ter”.
In particolare, per ciò che rileva in questa sede ai fini dell’esame del caso di specie, preme, infine
ricordare che il comma 7 dello stesso art. 243-quater del d.lgs. n. 267/2000 (TUEL), stabilisce, infine,
che“la mancata presentazione del piano entro il termine di cui all’articolo 243-bis, comma 5, il diniego
dell’approvazione del piano, l’accertamento da parte della competente Sezione regionale della Corte
dei conti di grave e reiterato mancato rispetto degli obiettivi intermedi fissati dal piano, ovvero il
mancato raggiungimento del riequilibrio finanziario dell’ente al termine del periodo di durata del piano
stesso, comportano l’applicazione dell’articolo 6, comma 2, del decreto legislativo n. 149 del 2011,
con l’assegnazione al Consiglio dell’ente, da parte del Prefetto, del termine non superiore a venti
giorni per la deliberazione del dissesto”.
11. Tutto ciò premesso in punto di diritto, passando all’esame del gravame, va preliminarmente
dichiarata l’inammissibilità della richiesta di sospensione del provvedimento impugnata formulata
dal Sindaco del Comune di Belcastro (CZ) con nota Prot. n. 1795 del 20 maggio 2013, indirizzata
alla Sezione regionale di controllo della Corte dei conti per la Calabria (acquisita al protocollo
della stessa Sezione al n. 1825 del 20 maggio 2013) e al Prefetto di Catanzaro, e dalla stessa
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Sezione regionale di controllo trasmessa alla Segreteria di queste Sezioni riunite (acquisita agli
atti in data 21 maggio 2013).
11.1. Al riguardo, pur non potendosi escludere, in via di principio, nel giudizio innanzi a queste
Sezioni riunite in composizione speciale, una eventuale fase cautelare e la possibilità di adottare
provvedimenti cautelari, ove ne ricorrano i presupposti, con riferimento al caso di specie il
Collegio ritiene che la richiesta di sospensione del provvedimento impugnata formulata dal
Sindaco del Comune di Belcastro (CZ) con nota Prot. n. 1795 del 20 maggio 2013 va dichiarata
inammissibile sotto vari profili.
Segnatamente essa è da ritenere inammissibile per difetto di legittimazione dell’istante, in quanto
è stata avanzata, nel caso di specie, direttamente dal Sindaco del Comune di Belcastro (CZ), e
non anche dal difensore a cui questi aveva conferito specifico mandato.
11.2. La stessa è da ritenere altresì inammissibile anche per la manifesta irritualità della richiesta
di sospensione del provvedimento, essendo stata avanzata non già a questo giudice adito, ma
allo stesso organo che ha emesso il provvedimento impugnato, sicché essa si rivela essere più
una istanza di riesame amministrativo che una vera e propria rituale richiesta di sospensione in
sede giudiziaria.
11.3. Fermi restando gli anzidetti profili di inammissibilità, pronunciandosi oggi questo giudice
adito direttamente sul merito del ricorso, la richiesta di provvedimenti cautelari avanzata in questa
sede risulta, in ogni caso, assorbita dall’esame del merito del gravame.
12. Sempre con riferimento all’esame del ricorso, queste Sezioni riunite devono, peraltro,
rilevare, in punto di ammissibilità del gravame, che, sebbene la delibera della Sezione regionale
di controllo per la Calabria abbia accertato “la ricorrenza dei presupposti previsti dall’art. 243-
quater, comma 7, del TUEL, come introdotto dall’art. 3, comma 1, lettera r), del d.l. 10 ottobre
2012, n. 174, convertito con legge 7 dicembre 2012, n. 213, sub specie della mancata
presentazione del piano di riequilibrio finanziario entro il termine perentorio di sessanta giorni
posto dall’art. 243-bis, comma 5, del d.lgs. n. 267/2000 (TUEL)”, ed abbia quindi sostanzialmente
accertato la tardività nella presentazione del piano di riequilibrio da parte del Comune [cfr. art.
243-quater, comma 7, del TUEL, introdotto dall’art. 3, comma 1, lett. r), del d.l. 10 ottobre 2012,
n. 174, convertito con legge 7 dicembre 2012, n. 213], senza pronunciarsi sul merito dello stesso
piano di riequilibrio, il ricorso stesso deve comunque ritenersi ammissibile, atteso che, fermo
restando il rispetto delle varie fasi procedimentali, e di cui si dirà qui di seguito, la Sezione
regionale di controllo della Corte dei conti ben può pronunciarsi anche sulla tardività della
presentazione del piano di riequilibrio, nella ipotesi in cui lo stesso sia stato presentato (per la
prima volta, e cioè, senza alcuna pregressa delibera prodromica) oltre il termine perentorio di 60
giorni previsto dall’art. 243-bis, comma 5, del d.lgs. n. 267/2000 (TUEL) come introdotto dall’art.
3, comma 1, lettera r), del d.l. 10 ottobre 2012, n. 174, convertito con legge 7 dicembre 2012, n.
213.
Conseguentemente il ricorso a queste Sezioni riunite in speciale composizione deve ritenersi
ammissibile anche nell’ipotesi in cui la delibera della Sezione regionale di controllo, pur senza
pronunciarsi nel merito del piano di riequilibrio [”la delibera di approvazione o di diniego del piano
può essere impugnata” – cfr. art. 243-quater, comma 5, del d.lgs. n. 267/2000, introdotto dall’art.
3, comma 1, lettera r), del d.l. 10 ottobre 2012, n. 174, convertito con legge 7 dicembre 2012, n.
213], si sia limitata, come nel caso di specie, ad accertare “la ricorrenza dei presupposti previsti
dall’art. 243-quater, comma 7, del TUEL, come introdotto dall’art. 3, comma 1, lettera r), del d.l.
10 ottobre 2012, n. 174, convertito con legge 7 dicembre 2012, n. 213, sub specie della mancata
presentazione del piano di riequilibrio finanziario entro il termine perentorio di sessanta giorni
posto dall’art. 243-bis, comma 5, del d.lgs. n. 267/2000 (TUEL)”, e a deliberare
conseguentemente di “trasmettere la deliberazione al Prefetto di Catanzaro ai fini
dell’applicazione dell’art. 6, comma 2, del d.lgs. n. 149/2011, con l’assegnazione al Consiglio
dell’ente di un termine non superiore a venti giorni per la deliberazione del dissesto finanziario”.
13. Quanto al merito del ricorso, queste Sezioni riunite, alla luce del descritto procedimento per
l’adozione della delibera di approvazione o di diniego del piano da parte della Sezione regionale
di controllo della Corte dei conti previsto dall’art. 243-quater, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 267/2000,
introdotti dall’art. 3, comma 1, lett. r), del d.l. 10 ottobre 2012, n. 174, convertito con legge 7
dicembre 2012, n. 213, nel rilevare come nel caso di specie la delibera della Sezione regionale di
controllo della Corte dei conti per la Calabria, impugnata in questa sede, sia stata adottata senza
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attendere la necessaria istruttoria che la Commissione di cui all’art. 155 del d.lgs. n. 267/2000
(TUEL) deve svolgere “anche sulla base delle Linee guida deliberate dalla Sezione delle
autonomie della Corte dei conti e delle indicazioni fornite dalla competente Sezione regionale di
controllo della Corte dei conti”, e pur in presenza di una delibera – la n. 8/2012 del 10 febbraio
2013 – che sebbene sostanzialmente basata su di una ricognizione di atti comunali precedenti,
contiene pur sempre elementi minimali da considerare come integranti un piano di riequilibrio
finanziario, ritiene che il ricorso in esame va accolto, e per l’effetto, va annullata l’impugnata
delibera della Sezione regionale di controllo della Corte dei conti per la Regione Calabria n.
20/2013.
Queste Sezioni riunite ritengono, infatti, che ai sensi dell’art. 243-quater, commi 1 e 2, del d.lgs.
n. 267/2000, introdotti dall’art. 3, comma 1, lett. r), del d.l. 10 ottobre 2012, n. 174, convertito con
legge 7 dicembre 2012, n. 213, la predetta istruttoria da parte della Commissione di cui all’art.
155 del d.lgs. n. 267/2000 (TUEL) deve essere in ogni caso svolta, anche nelle ipotesi di “rilevata
tardività nella presentazione del piano di riequilibrio” per l’asserita presentazione di un piano di
riequilibrio fittizio avente scopi meramente dilatori, onde consentire alla predetta Commissione,
secondo l’iter procedimentale previsto dalla legge, se quello presentato dall’Ente consista in un
vero e proprio piano o in una mera “delibera di intenti” ancora “vuota”, avente finalità meramente
dilatorie, dovendosi escludere la necessarietà della predetta istruttoria da parte della
Commissione di cui all’art. 155 del d.lgs. n. 267/2000 (TUEL) nella sola ipotesi in un cui, entro il
termine di sessanta giorni previsto dall’art. 243-bis, comma 5, del d.lgs. n. 267/2000, non sia
stata dall’Ente presentata alcuna delibera di approvazione del piano di riequilibrio.
13.1. Sulla base di tali considerazioni, ferma restando la natura perentoria del termine di 60 giorni
previsto dalla legge per l’adozione, da parte dell’Ente, della delibera di approvazione del piano di
riequilibrio finanziario, nel caso di specie l’obbligo di attendere la conclusione dell’istruttoria
ministeriale è supportato dalla presenza di elementi minimali da considerare come integranti il
piano (presenti nella predetta delibera n. 8 del 10 febbraio 2013), la cui valutazione, anche in
termini negativi, non poteva che essere effettuata attraverso il prescritto iter procedimentale; e ciò
anche in considerazione di quanto previsto, relativamente alla rivalutazione dei piani di riequilibrio
già adottati dagli enti locali, dal summenzionato decreto legge 8 aprile 2013, n. 35 (ora convertito
dalla legge 6 giugno 2013, n. 64), già in vigore al momento (18 aprile 2013) in cui è stata adottata
la delibera della Sezione regionale di controllo della Corte dei conti per la Regione Calabria n.
20/2013, adottata nella Camera di Consiglio del 18 aprile 2013 e depositata in pari data.
13.2. Ciò premesso, con riferimento al caso di specie queste Sezioni riunite, nel rilevare che
entro il termine di 60 giorni dalla adozione della deliberazione consiliare n. 32, assunta nella
seduta del 13 dicembre 2012 (con la quale era stato deliberato, all’unanimità, ai sensi dell’art.
243-bis, comma 1, del d.lgs. n. 267/2000, introdotto dal d.l. n. 174/2012, convertito, con
modificazioni, dalla legge n. 213/2012, di attivare la procedura di riequilibrio finanziario
pluriennale,) il Comune di Belcastro (CZ) aveva adottato una delibera di approvazione del piano
di riequilibrio finanziario, sebbene incompleta e minimale (la deliberazione n. 8 del 10 febbraio
2013), ritiene che la delibera della Sezione regionale di controllo per la Calabria è stata adottata
sulla base di una errata applicazione della legge, in quanto, ai sensi dell’art. 243-quater, commi 1
e 2, del d.lgs. n. 267/2000, introdotti dall’art. 3, comma 1, lett. r), del d.l. 10 ottobre 2012, n. 174,
convertito con legge 7 dicembre 2012, n. 213, ai fini della sua adozione, la Sezione regionale di
controllo avrebbe dovuto, in ogni caso, attendere l’esito dell’istruttoria della Commissione
ministeriale di cui all’art. 155 del d.lgs. n. 267/2000 (TUEL).
14. Alla stregua delle suesposte considerazioni, queste Sezioni riunite ritengono che il ricorso in
esame va accolto e, per l’effetto, va annullata la delibera della Sezione regionale di controllo della
Corte dei conti per la Regione Calabria n. 20/2013, adottata nella Camera di Consiglio del 18
aprile 2013 e depositata in pari data, impugnata con il ricorso stesso.
15. Non vi è luogo a provvedere sulle spese del giudizio, poiché, pur trattandosi di un giudizio, la
Sezione regionale di controllo, per le ragioni esposte, non è una amministrazione resistente, per
cui, in ragione della esercitata funzione di controllo neutrale, la stessa non può essere
condannata alle spese processuali del giudizio (invero, neanche richieste dal ricorrente).
PER QUESTI MOTIVI
la Corte dei conti a Sezioni riunite in sede giurisdizionale
in speciale composizione
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definitivamente pronunciando ai sensi dell’art. 243-quater, comma 5, del d.lgs. 18 agosto 2000, n.
267, introdotto dall’art. 3, comma 1, lett. r), del d.l. 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con
modificazioni, dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213, disattesa ogni contraria istanza, deduzione ed
eccezione, accoglie il ricorso in epigrafe, iscritto al n. 352/SR/EL del registro di Segreteria delle
Sezioni riunite, proposto con atto depositato nella Segreteria delle Sezioni riunite in data 13
maggio 2013 dal Comune di Belcastro (CZ), in persona del Sindaco pro-tempore, e, per l’effetto,
annulla l’impugnata delibera della Sezione regionale di controllo della Corte dei conti per la
Regione Calabria n. 20/2013, adottata nella Camera di Consiglio del 18 aprile 2013 e depositata
in pari data.
Dispone che copia della presente sentenza venga comunicata, a cura della Segreteria, alla
Sezione regionale di controllo della Corte dei conti per la Calabria, alla Procura generale e alle
parti costituite.
Nulla per le spese.
Manda alla Segreteria per i conseguenti adempimenti.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 3 giugno 2013.
Gli estensori
Carlo Chiappinelli Tommaso Miele
Il Presidente
Luigi Giampaolino
Depositata in Segreteria il giorno 12 giugno 2013.

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