Funzione Pubblica: Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione

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PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DIPARTIMENTO DELLA FUNZIONE PUBBLICA
CIRCOLARE 25 gennaio 2013, n. 1

Legge n. 190 del 2012 – Disposizioni per la prevenzione e la
repressione della corruzione e dell’illegalita’ nella pubblica
amministrazione. (13A03757)
(GU n.97 del 26-4-2013) Vigente al: 26-4-2013

Alle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2. del d.lgs.
n. 165 del 2001
1. Premessa.
Nella Gazzetta ufficiale n. 265 del 13 novembre 2012 e’ stata
pubblicata la legge 6 novembre 2012, n. 190, «Disposizioni per la
prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalita’
nella pubblica amministrazione.». La legge e’ entrata in vigore il 28
novembre 2012.
Con l’intervento normativo sono stati introdotti numerosi strumenti
per la prevenzione e la repressione del fenomeno corruttivo e sono
stati individuati i soggetti preposti ad adottare iniziative in
materia.
Per quanto riguarda i soggetti istituzionali titolari di competenze
nel settore, si segnala in particolare che l’art. 1, comma 2, della
legge ha individuato nella Commissione Indipendente per la
Valutazione, la Trasparenza e l’Integrita’ delle amministrazioni
pubbliche / C.I.V.I.T. l’Autorita’ nazionale anticorruzione, cui sono
stati affidati le funzioni e i compiti elencati nel medesimo comma
nelle lettere da a) a g) e accordati poteri ispettivi secondo quanto
previsto nel successivo comma 3. La recente legge 17 dicembre 2012,
n. 221, di conversione del decreto legge 18 ottobre 2012, n. 179, ha
poi rafforzato l’Autorita’ prevedendo che alla Commissione e’
preposto un presidente, nominato su proposta del Ministro per la
pubblica amministrazione e la semplificazione, del Ministro della
giustizia e del Ministro dell’interno, tra persone di notoria
indipendenza che hanno avuto esperienza in materia di contrasto alla
corruzione e persecuzione degli illeciti nella pubblica
amministrazione. La stessa legge ha poi previsto la possibilita’ per
la Commissione di avvalersi della Guardia di finanza e
dell’Ispettorato della funzione pubblica al fine di svolgere indagini
e accertamenti.
Il comma 4 del predetto art. 1 attribuisce un rilevante ruolo in
materia anche al Dipartimento della funzione pubblica. I compiti e le
funzioni spettanti al Dipartimento sono specificati nelle lett. da a)
ad e) del medesimo comma e sono svolti secondo linee di indirizzo
adottate da un Comitato interministeriale istituito e disciplinato
con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Il
Dipartimento svolge principalmente un ruolo propositivo e di
coordinamento dell'”attuazione delle strategie di prevenzione e
contrasto della corruzione e dell’illegalita’ nella pubblica
amministrazione elaborate a livello nazionale ed internazionale” e
predispone il Piano Nazionale Anticorruzione, P.N.A., che viene
trasmesso ed approvato dalla C.I.V.I.T..
In base alla nuova legge, le strategie di prevenzione e contrasto
della corruzione derivano dall’azione sinergica di tre soggetti:
il Comitato interministeriale, che ha il compito di fornire
indirizzi attraverso l’elaborazione delle linee guida;
il Dipartimento della funzione pubblica, che opera come soggetto
promotore delle strategie di prevenzione e come coordinatore della
loro attuazione;
la C.I.V.I.T., che, in qualita’ di autorita’ nazionale
anticorruzione, svolge funzioni di raccordo con le altre autorita’ ed
esercita poteri di vigilanza e controllo per la verifica
dell’efficacia delle misure di prevenzione adottate dalle
amministrazioni nonche’ sul rispetto della normativa in materia di
trasparenza.
Il contesto nel quale le iniziative e le strategie sono adottate e’
quello disegnato dalle norme nazionali ed internazionali in materia.
In questa sede si segnala, in particolare, la Convenzione
dell’Organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione,
adottata dall’Assemblea generale dell’O.N.U. il 31 ottobre 2003 con
risoluzione n. 58/4, firmata dallo Stato italiano il 9 dicembre 2003,
e ratificata con legge 3 agosto 2009, n. 116.
Questa Convenzione prevede che ciascuno Stato debba elaborare e
applicare delle politiche di prevenzione della corruzione efficaci e
coordinate, adoperarsi al fine di attuare e promuovere efficaci
pratiche di prevenzione, vagliarne periodicamente l’adeguatezza e
collaborare con gli altri Stati e con le organizzazioni regionali ed
internazionali per la promozione e messa a punto delle misure (art.
5). La medesima Convenzione prevede poi che ciascuno Stato debba
individuare uno o piu’ organi, a seconda delle necessita’, incaricati
di prevenire la corruzione e, se necessario, la supervisione ed il
coordinamento di tale applicazione e l’accrescimento e la diffusione
delle relative conoscenze (art. 6).
Grande rilievo assumono anche le misure contenute nelle linee guida
e nelle convenzioni che l’OECD, il Consiglio d’Europa con il
GR.E.C.O. (Groupe d’Etats Contre la Corruptione) e l’Unione europea
riservano alla materia e che vanno nella medesima direzione indicata
dall’O.N.U.: implementare la capacita’ degli Stati membri nella lotta
alla corruzione, monitorando la loro conformita’ agli standard
anticorruzione ed individuando le carenze nelle politiche nazionali.
Si segnala che a breve sara’ pubblicato il rapporto dell’OECD sulla
situazione dell’Italia in materia di prevenzione della corruzione
(Reinforcing Public Sector Integrity and Restoring Trust for
Sustainable Economic Growth). In questo contesto, e’ stata
particolarmente apprezzata l’avvenuta approvazione della legge ed e’
stata evidenziata la cruciale importanza della sua implementazione
amministrativa.
La presente circolare ha l’obiettivo di fornire informazioni e
prime indicazioni alle amministrazioni con particolare riferimento
alla figura del responsabile della prevenzione della corruzione.
Ulteriori indicazioni sulle novita’ normative saranno fornite con
successive circolari.
Si rende noto che e’ stato appena adottato il decreto di
costituzione del Comitato interministeriale (d.P.C.m. 16 gennaio
2013), il quale e’ presieduto dal Presidente del Consiglio dei
ministri e composto dal Ministro della giustizia, dal Ministro
dell’interno e dal Ministro per la pubblica amministrazione e la
semplificazione. Come visto, questo Comitato ha il compito di
elaborare gli indirizzi che serviranno anche per l’elaborazione del
P.N.A..
Il Piano, che sara’ predisposto dal Dipartimento della funzione
pubblica e sottoposto all’approvazione della C.I.V.I.T. sulla base
delle linee guida del Comitato, conterra’ anche alcune indicazioni
per l’elaborazione dei piani triennali di prevenzione da parte delle
amministrazioni, la cui adozione e’ prevista dall’art. 1, comma 8,
della legge. Tale disposizione stabilisce che l’organo di indirizzo
politico, su proposta del responsabile, entro il 31 gennaio di ogni
anno, adotta il piano triennale di prevenzione della corruzione,
curandone la trasmissione al Dipartimento della funzione pubblica. In
fase di prima applicazione, il termine e’ stato fissato al 31 marzo
2013 (art. l’art. 34-bis, comma 4, d.l. 18 ottobre 2012, n. 179,
convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221).
Nelle more della definizione dei predetti documenti da elaborare a
livello nazionale (linee guida, P.N.A.), si ritiene importante
segnalare la necessita’ da parte delle amministrazioni di procedere
alla tempestiva nomina del responsabile della prevenzione, soggetto
incaricato dalla legge di proporre il piano per la prevenzione e di
monitorarne l’applicazione.
Per quanto riguarda il campo di azione della legge e delle
iniziative di competenza del Dipartimento della funzione pubblica, la
legge non contiene una definizione della «corruzione», che viene
quindi data per presupposta. In questo contesto, il concetto di
corruzione deve essere inteso in senso lato, come comprensivo delle
varie situazioni in cui, nel corso dell’attivita’ amministrativa, si
riscontri l’abuso da parte di un soggetto del potere a lui affidato
al fine di ottenere vantaggi privati. Le situazioni rilevanti sono
quindi evidentemente piu’ ampie della fattispecie penalistica, che,
come noto, e’ disciplinata negli artt. 318, 319 e 319-ter, c.p., e
sono tali da comprendere non solo l’intera gamma dei delitti contro
la pubblica amministrazione disciplinati nel Titolo II, Capo I, del
codice penale, ma anche le situazioni in cui – a prescindere dalla
rilevanza penale – venga in evidenza un malfunzionamento
dell’amministrazione a causa dell’uso a fini privati delle funzioni
attribuite.
Per quanto concerne le amministrazioni destinatarie delle norme
contenute nella legge, le prescrizioni di cui ai commi da 1 a 57
dell’art. 1 si rivolgono a tutte le pubbliche amministrazioni
previste dall’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001,
n. 165, come chiarito espressamente dal comma 59 dell’art. 1 della
legge, il quale precisa che le disposizioni di prevenzione della
corruzione sono attuazione diretta del principio di imparzialita’ di
cui all’art. 97 della Costituzione. Pertanto, il campo di
applicazione comprende anche le Regioni e gli Enti locali e per
queste ultime rimane fermo quanto stabilito dal successivo comma 60:
«Entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della
presente legge, attraverso intese in sede di Conferenza unificata di
cui all’articolo 8, comma 1, del decreto legislativo 28 agosto 1997,
n. 281, si definiscono gli adempimenti, con l’indicazione dei
relativi termini, delle regioni e delle province autonome di Trento e
di Bolzano e degli enti locali, nonche’ degli enti pubblici e dei
soggetti di diritto privato sottoposti al loro controllo, volti alla
piena e sollecita attuazione delle disposizioni della presente legge,
(omissis)». Quindi, in sede di Conferenza unificata saranno valutate
le eventuali misure di flessibilita’, compresa l’indicazione dei
termini per gli adempimenti, per le autonomie territoriali,
finalizzate soprattutto a tener conto delle specificita’
organizzative delle diverse realta’ amministrative.
2. Il responsabile della prevenzione della corruzione.
L’art. 1, comma 7, della legge prevede la nomina nell’ambito delle
pubbliche amministrazioni del responsabile della prevenzione della
corruzione. La norma stabilisce che «l’organo di indirizzo politico
individua, di norma tra i dirigenti amministrativi di ruolo di prima
fascia in servizio, il responsabile della prevenzione della
corruzione». Negli enti locali, il responsabile della prevenzione
della corruzione e’ individuato, «di norma», nel segretario, salva
diversa e motivata determinazione.
Come si desume dal tenore della disposizione, la legge pone una
regola generale esprimendo un criterio di preferenza, ma non contiene
una regola rigida, ammettendo con l’espressione “di norma” una certa
flessibilita’ che consente di scegliere motivate soluzioni gestionali
differenziate, giustificate dalle specificita’ organizzative.
La designazione dei responsabili della prevenzione deve essere
comunicata alla C.I.V.I.T., che ha dedicato un’apposita sezione del
sito alla raccolta dei relativi dati.
2.1. I termini e la competenza per la designazione, i requisiti, la
durata e il trattamento dell’incarico.
La legge non prevede un termine per la nomina e, pertanto, le
amministrazioni debbono provvedere tempestivamente.
Il provvedimento di nomina e’ di competenza dell’organo di
indirizzo politico e, quindi, per i Ministeri deve essere adottato
dal Ministro, per gli altri enti e’ invece di spettanza dell’organo
con competenza di indirizzo e controllo.
La scelta deve ricadere preferibilmente su dirigenti iscritti alla
prima fascia del ruolo dell’amministrazione che effettua la nomina.
Nelle amministrazioni il cui ordinamento non prevede un’articolazione
del ruolo in fasce, la scelta, prioritariamente, deve ricadere su un
dirigente appartenente al ruolo, che sia titolare di incarico di
ufficio di livello dirigenziale generale ovvero articolato al suo
interno in strutture organizzative dirigenziali di secondo livello.
In proposito, considerato il ruolo e le responsabilita’ che la
legge attribuisce al responsabile della prevenzione, e’ importante
che la scelta ricada su un dirigente che si trovi in una posizione di
relativa stabilita’, per evitare che la necessita’ di intraprendere
iniziative penetranti nei confronti dell’organizzazione
amministrativa possa essere compromessa anche solo potenzialmente
dalla situazione di precarieta’ dell’incarico. Pertanto,
l’affidamento dell’incarico a dirigenti titolari ex art. 19, commi
5-bis e 6, del d.lgs. n. 165 del 2001 andrebbe operato solo in
ipotesi eccezionali, previa adeguata motivazione. E’ in ogni caso da
escludere la nomina di dirigenti inseriti nell’ufficio di diretta
collaborazione per la particolarita’ del vincolo fiduciario che li
lega all’autorita’ di indirizzo politico e all’amministrazione.
Inoltre, sempre tenendo presente la predetta necessita’, che
presuppone la disponibilita’ di risorse sufficienti per
l’organizzazione dell’attivita’ e per la gestione dei rapporti,
sarebbe opportuno che la scelta ricadesse su dirigenti titolari di
ufficio, evitando la designazione di dirigenti con incarico di studio
e consulenza.
Da quanto detto, considerati i vincoli legali esistenti in materia
di dotazioni organiche (art. 2, in particolare comma 10-bis, del
decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito in legge 7 agosto
2012, n. 135) l’incarico di responsabile della prevenzione pare
naturalmente configurarsi come incarico aggiuntivo a dirigente gia’
titolare di incarico dirigenziale di livello generale. Resta fermo
che l’amministrazione, nell’ambito del proprio ordinamento e nei
limiti dei predetti vincoli relativi alle dotazioni organiche,
potrebbe anche decidere di dedicare un apposito ufficio allo
svolgimento della funzione.
Come detto, la norma non pone una prescrizione inderogabile circa i
destinatari e le modalita’ della nomina e, pertanto, nell’ambito di
ciascuna amministrazione potra’/dovra’ essere compiuta una
valutazione in proposito sulla base delle specificita’ organizzative,
anche alla luce degli strumenti per la gestione in comune delle
attivita’ offerti dalla vigente normativa (art. 15 legge 7 agosto
1990, n. 241). Nel compiere la valutazione occorre comunque tener
presente che – come si vedra’ di seguito – la legge collega
all’inadeguato adempimento delle funzioni l’applicazione delle
sanzioni conseguenti a responsabilita’ dirigenziale e responsabilita’
disciplinare e, pertanto, pare da escludere a priori la possibilita’
che l’incarico sia svolto da quei dipendenti o soggetti che per il
tipo di rapporto di cui sono titolari non possono rispondere a questo
titolo.
Come visto, la norma prevede che la designazione sia compiuta
dall’autorita’ politica; non e’ previsto che alla nomina debba
seguire una modifica o un’integrazione dell’atto di conferimento
dell’incarico dirigenziale e del contratto. Tale modifica potra’
essere valutata nell’ambito di ciascuna amministrazione a seconda
della situazione concreta e degli accordi tra le parti.
La scelta deve ricadere su dirigente che non sia stato destinatario
di provvedimenti giudiziali di condanna, ne’ di provvedimenti
disciplinari e che abbia dato dimostrazione nel tempo di
comportamento integerrimo. Inoltre, nell’effettuare la scelta occorre
tener conto dell’esistenza di situazioni di conflitto di interesse,
evitando, per quanto possibile, la designazione di dirigenti
incaricati di quei settori che sono considerati tradizionalmente piu’
esposti al rischio della corruzione, come l’ufficio contratti o
quello preposto alla gestione del patrimonio. Occorre riflettere
attentamente sull’opportunita’ che venga nominato responsabile della
prevenzione il dirigente responsabile dell’Ufficio Procedimenti
Disciplinari, situazione che parrebbe realizzare un conflitto di
interesse e quindi un’incompatibilita’. Infatti, la funzione del
responsabile di cui alla legge n. 190 del 2012 ha carattere
squisitamente preventivo, a differenza della funzione dell’U.P.D., il
quale, come noto, ha competenza in ordine all’accertamento
dell’illecito disciplinare e all’irrogazione delle conseguenti
sanzioni. La sovrapposizione tra le due figure puo’ comportare il
rischio dello svolgimento inefficiente delle funzioni, in quanto il
responsabile ex lege n. 190 non deve essere visto dai colleghi e
collaboratori come un «persecutore» ed i rapporti debbono essere
improntati alla massima collaborazione. Inoltre, la notevole mole di
informazioni che pervengono al responsabile ai fini della prevenzione
della corruzione necessita di una valutazione «filtro» per la
verifica di rilevanza disciplinare dei fatti e questa valutazione
rischia di essere compromessa nel caso in cui le due funzioni siano
coincidenti.
In presenza di piu’ aspiranti all’incarico, ai sensi dell’art. 19,
comma 1-bis, del d.lgs. n. 165 del 2001, l’amministrazione acquisisce
le disponibilita’ e le valuta.
Al fine di consentire nel miglior modo l’esercizio della funzione,
nell’affidamento della responsabilita’, per quanto possibile, e’
opportuno seguire un criterio di rotazione/alternanza tra piu’
dirigenti.
La legge non individua la durata dell’incarico; considerato il suo
predetto carattere aggiuntivo, la durata della designazione e’ pari a
quella di durata dell’incarico dirigenziale a cui la nomina accede.
I rilevanti compiti e funzioni e la consistente responsabilita’ di
cui il responsabile della prevenzione e’ titolare potranno essere
remunerati, a seguito di valutazione positiva dell’attivita’,
nell’ambito delle norme legislative e contrattuali vigenti,
attraverso il riconoscimento dei risultati conseguiti (in base alle
risorse disponibili del fondo) mediante la retribuzione di risultato.
Per quanto riguarda gli enti locali, il criterio di designazione e’
indicato direttamente dalla legge, la quale prevede che il
responsabile «e’ individuato, di norma, nel segretario comunale,
salvo diversa e motivata determinazione.». La ratio di questa scelta
e’ stata quella di considerare la funzione di responsabile della
prevenzione come «naturalmente integrativa» della competenza generale
spettante per legge al segretario, che, secondo l’art. 97 del d.lgs.
n. 267 del 2000, «svolge compiti di collaborazione e funzioni di
assistenza giuridico-amministrativa nei confronti degli organi
dell’ente in ordine alla conformita’ dell’azione amministrativa alle
leggi, allo statuto ed ai regolamenti.».
L’amministrazione deve assicurare lo svolgimento di adeguati
percorsi formativi e di aggiornamento anche dopo la nomina.
2.2. La possibilita’ di designare referenti per le diverse
articolazioni dell’amministrazione.
Le legge prevede la nomina di un responsabile; infatti, l’intento
del legislatore e’ stato quello di concentrare in un unico soggetto
le iniziative e le responsabilita’ per il funzionamento dell’intero
meccanismo della prevenzione. Dovendo contemperare questo intento con
il carattere complesso dell’organizzazione amministrativa, tenendo
conto anche dell’articolazione per centri di responsabilita’, puo’
essere valutata l’individuazione di referenti per la corruzione che
operano nelle strutture dipartimentali o territoriali. Questi
potrebbero agire anche su richiesta del responsabile, il quale rimane
comunque il riferimento per l’implementazione dell’intera politica di
prevenzione nell’ambito dell’amministrazione e per le eventuali
responsabilita’ che ne dovessero derivare. Le modalita’ di raccordo e
di coordinamento tra il responsabile della prevenzione e i referenti
potranno essere inserite nel piano triennale di prevenzione in modo
da creare un meccanismo di comunicazione/informazione, input/output
per l’esercizio della funzione.
Si ritiene invece da escludere la possibilita’ di nomina di piu’ di
un responsabile nell’ambito della stessa amministrazione, poiche’
cio’ comporterebbe una frammentazione della funzione ed una
diluizione della responsabilita’ e non sarebbe funzionale
all’elaborazione della proposta di piano, che viene configurato dalla
legge come documento unitario e onnicomprensivo.
2.3. Le risorse a disposizione del responsabile.
Considerato il delicato compito organizzativo e di raccordo che
deve essere svolto dal responsabile della prevenzione, le
amministrazioni devono assicurargli un adeguato supporto, mediante
assegnazione di appropriate risorse umane, strumentali e finanziarie,
nei limiti della disponibilita’ di bilancio. L’appropriatezza va
intesa non solo dal punto di vista quantitativo, ma anche
qualitativo, dovendo assicurare la presenza di elevate
professionalita’, che dovranno peraltro essere destinatarie di
specifica formazione.
Qualora nell’amministrazione si manifestasse la necessita’ o si
ravvisasse l’opportunita’ di nominare un dirigente titolare di
incarico ai sensi dell’art. 19, comma 10, del d.lgs. n. 165 del 2001,
sarebbe comunque necessario che mediante la direttiva annuale
sull’azione amministrativa o altro atto idoneo venissero individuate
le risorse che possono essere utilizzate per lo svolgimento
dell’incarico.
2.4. Le funzioni ed i compiti del responsabile della prevenzione,
la responsabilita’.
La legge ha riposto notevole fiducia nella figura del responsabile,
considerandolo come il soggetto in grado di «far girare il
meccanismo» della prevenzione nell’ambito dell’amministrazione.
Infatti, le norme prevedono che il responsabile debba:
elaborare la proposta di piano della prevenzione, che deve essere
adottato dall’organo di indirizzo politico di ciascuna
amministrazione (art. 1, comma 8,); i contenuti del piano, che
caratterizzano anche l’oggetto dell’attivita’ del responsabile, sono
distintamente indicati nel comma 9 dell’art. 1;
definire procedure appropriate per selezionare e formare i
dipendenti destinati ad operare in settori particolarmente esposti
alla corruzione (art. 1, comma 8,);
verificare l’efficace attuazione del piano e la sua idoneita’
(art. 1, comma 10, lett. a);
proporre modifiche al piano in caso di accertamento di
significative violazioni o di mutamenti dell’organizzazione (art. 1,
comma 10, lett. a);
verificare, d’intesa con il dirigente competente, l’effettiva
rotazione degli incarichi negli uffici preposti allo svolgimento
delle attivita’ nel cui ambito e’ piu’ elevato il rischio che siano
commessi reati di corruzione (art. 1, comma 10, lett. b);
individuare il personale da inserire nei percorsi di formazione
sui temi dell’etica e della legalita’ (art. 1, comma 10, lett. c).
A fronte dei compiti attribuiti, la legge prevede delle consistenti
responsabilita’ per il caso di inadempimento.
In particolare, il comma 8 dell’art. 1 configura una
responsabilita’ dirigenziale per il caso di mancata predisposizione
del piano e di mancata adozione delle misure per la selezione e la
formazione dei dipendenti, prevedendo che «La mancata predisposizione
del piano e la mancata adozione delle procedure per la selezione e la
formazione dei dipendenti destinati ad operare in settori
particolarmente esposti alla corruzione, costituiscono elementi di
valutazione della responsabilita’ dirigenziale.». La previsione di
questa responsabilita’ rende naturalmente necessaria la creazione del
collegamento tra adempimento e obiettivi dirigenziali in sede di
negoziazione degli obiettivi.
Il comma 12 del medesimo art. 1 prevede inoltre una piu’ generale
forma di responsabilita’ dirigenziale, disciplinare e amministrativa
che si realizza in caso di condanna in via definitiva all’interno
dell’amministrazione per un reato di corruzione, a meno che il
responsabile non provi le circostanze di cui alle lett. a) e b) del
predetto comma. La disposizione in particolare stabilisce che «In
caso di commissione, all’interno dell’amministrazione, di un reato di
corruzione accertato con sentenza passata in giudicato, il
responsabile individuato ai sensi del comma 7 del presente articolo
risponde ai sensi dell’articolo 21 del decreto legislativo 30 marzo
2001, n. 165, e successive modificazioni, nonche’ sul piano
disciplinare, oltre che per il danno erariale e all’immagine della
pubblica amministrazione, salvo che provi tutte le seguenti
circostanze:
a) di avere predisposto, prima della commissione del fatto, il
piano di cui al comma 5 e di aver osservato le prescrizioni di cui ai
commi 9 e 10 del presente articolo;
b) di aver vigilato sul funzionamento e sull’osservanza del
piano.».
Secondo quanto previsto poi dal successivo comma 13, «La sanzione
disciplinare a carico del responsabile individuato ai sensi del comma
7 non puo’ essere inferiore alla sospensione dal servizio con
privazione della retribuzione da un minimo di un mese ad un massimo
di sei mesi.»
Il comma 14 disciplina poi un’ulteriore fattispecie di illecito per
responsabilita’ dirigenziale ai sensi dell’art. 21 che sussiste «in
caso di ripetute violazioni del piano», nonche’, in presenza delle
medesime circostanze, una fattispecie di illecito disciplinare «per
omesso controllo».
2.5. Il raccordo tra il responsabile della prevenzione e gli altri
organi e figure presenti nell’amministrazione.
Lo svolgimento del ruolo di impulso che la legge affida al
responsabile della prevenzione richiede che:
l’organizzazione amministrativa sia resa trasparente, con
evidenza delle responsabilita’ per procedimento, processo e prodotto;
le unita’ organizzative siano, oltre che coordinate tra loro,
rispondenti all’input ricevuto.
Per quanto riguarda l’attuazione della trasparenza, l’art. 1, comma
9, lett. f), della legge stabilisce che nell’ambito del piano di
prevenzione della corruzione siano individuati «specifici obblighi di
trasparenza ulteriori rispetto a quelli previsti da disposizioni di
legge.». Questa previsione presuppone un collegamento tra il piano di
prevenzione e il programma triennale per la trasparenza, che le
amministrazioni debbono adottare ai sensi dell’art. 11 del d.lgs. n.
150 del 2009. Considerato che la trasparenza realizza gia’ di per se’
una misura di prevenzione poiche’ consente il controllo da parte
degli utenti dello svolgimento dell’attivita’ amministrativa, il
programma per la trasparenza deve essere coordinato con il piano per
la prevenzione della corruzione in modo da assicurare un’azione
sinergica ed osmotica tra le misure e garantire la coincidenza tra i
periodi di riferimento.
Cio’ detto, il collegamento tra le attivita’ non puo’ non
riversarsi anche sul collegamento/coordinamento tra le figure
deputate a svolgerle. Come noto, la C.I.V.I.T. ha demandato a
ciascuna amministrazione il compito di designare il responsabile
della trasparenza (delibera n. 105 del 2010, par. 4.1.4.). In
particolare, si tratta del dirigente «che sia il referente non solo
del procedimento di formazione, adozione e attuazione del programma,
ma dell’intero processo di realizzazione di tutte le iniziative
volte, nel loro complesso, a garantire un adeguato livello di
trasparenza, nonche’ la legalita’ e lo sviluppo della cultura
dell’integrita’.» (cit.).
E’ necessario quindi che si stabilisca un raccordo in termini
organizzativi tra i due responsabili, fermi restando i compiti, le
funzioni e le responsabilita’ del responsabile per la prevenzione e –
in presenza dei requisiti – la possibilita’ di optare per la
concentrazione delle responsabilita’ in capo ad un unico dirigente,
ove cio’ sia ritenuto piu’ efficiente.
Peraltro, per quanto riguarda il rapporto tra prevenzione della
corruzione e attuazione della trasparenza e’ necessario segnalare che
nella seduta del 22 gennaio 2013 del Consiglio dei ministri e’ stato
approvato in via preliminare lo schema di decreto legislativo recante
«Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicita’,
trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche
amministrazioni», che contiene anche norme in materia di raccordo tra
il piano di prevenzione della corruzione e il programma triennale
della trasparenza e le figure dei due responsabili. In tale decreto,
in particolare, si prevede che il programma triennale rappresenta una
sezione del piano per la prevenzione e che, di norma, le figure dei
responsabili sono accorpate in un unico soggetto.
Per quanto riguarda il raccordo tra le unita’ organizzative,
nell’ambito di ciascuna amministrazione il vertice amministrativo
ovvero il dirigente preposto alla direzione delle risorse umane e
strumentali dovra’ impartire indirizzi ed istruzioni affinche’ sia
assicurato che tutte le unita’ organizzative forniscano il loro
apporto collaborativo al responsabile della prevenzione. Per
assicurare un certo grado di effettivita’ delle istruzioni, e’ anche
opportuno che le modalita’ dettagliate del raccordo vengano inserite
nell’ambito del piano di prevenzione. In proposito, si rammenta anche
che la legge configura un illecito disciplinare per i dipendenti che
violano le prescrizioni contenute nel piano; infatti, l’art. 1, comma
14, della legge prevede che «la violazione, da parte dei dipendenti
dell’amministrazione, delle misure di prevenzione previste dal piano
costituisce illecito disciplinare.».
E’ opportuno inoltre richiamare l’attenzione sul fatto che con
recenti modifiche normative e’ stato innovato il testo dell’art. 16
del d.lgs. n. 165 del 2001, il quale, come noto, disciplina le
funzioni dei dirigenti di livello dirigenziale generale. In
particolare, con il d.lgs. 27 ottobre 2009, n. 150, e il d.l. 6
luglio 2012, n. 95, convertito in legge n. 135 del 2012, sono state
introdotte tre lettere nell’ambito del comma 1 dell’articolo,
attribuendo a tali dirigenti specifiche competenze in materia di
prevenzione della corruzione. Gli attuali commi 1-bis), 1-ter) e
1-quater) prevedono che i dirigenti di ufficio dirigenziale generale
«l-bis) concorrono alla definizione di misure idonee a prevenire e
contrastare i fenomeni di corruzione e a controllarne il rispetto da
parte dei dipendenti dell’ufficio cui sono preposti. l-ter)
forniscono le informazioni richieste dal soggetto competente per
l’individuazione delle attivita’ nell’ambito delle quali e’ piu’
elevato il rischio corruzione e formulano specifiche proposte volte
alla prevenzione del rischio medesimo. l-quater) provvedono al
monitoraggio delle attivita’ nell’ambito delle quali e’ piu’ elevato
il rischio corruzione svolte nell’ufficio a cui sono preposti,
disponendo, con provvedimento motivato, la rotazione del personale
nei casi di avvio di procedimenti penali o disciplinari per condotte
di natura corruttiva.».
Con le nuove norme e’ stata quindi affiancata l’attivita’ del
responsabile della prevenzione con l’attivita’ dei dirigenti, ai
quali sono affidati poteri propositivi e di controllo e sono
attribuiti obblighi di collaborazione, di monitoraggio e di azione
diretta in materia di prevenzione della corruzione.
Dall’esame del quadro normativo risulta pertanto che lo sviluppo e
l’applicazione delle misure di prevenzione della corruzione sono il
risultato di un’azione sinergica e combinata dei singoli responsabili
degli uffici e del responsabile della prevenzione, secondo un
processo bottom-up in sede di formulazione delle proposte e top-down
per la successiva fase di verifica ed applicazione.
Considerata la natura ed il livello dell’attivita’ svolta, il
responsabile della prevenzione riferisce al Ministro ovvero
all’autorita’ di indirizzo politico-amministrativo.
Nel caso in cui, nello svolgimento della sua attivita’, egli
riscontri dei fatti che possono presentare una rilevanza disciplinare
deve darne tempestiva informazione al dirigente preposto all’ufficio
a cui il dipendente e’ addetto o al dirigente sovraordinato, se
trattasi di dirigente, e all’ufficio procedimenti disciplinari
affinche’ possa essere avviata con tempestivita’ l’azione
disciplinare.
Ove riscontri dei fatti suscettibili di dar luogo a responsabilita’
amministrativa, deve presentare tempestiva denuncia alla competente
procura della Corte dei conti per le eventuali iniziative in ordine
all’accertamento del danno erariale (art. 20 d.P.R. n. 3 del 1957;
art. 1, comma 3, legge n. 20 del 1994).
Ove riscontri poi dei fatti che rappresentano notizia di reato,
deve presentare denuncia alla procura della Repubblica o ad un
ufficiale di polizia giudiziaria con le modalita’ previste dalla
legge (art. 331 c.p.p.) e deve darne tempestiva informazione
all’Autorita’ nazionale anticorruzione.
3. Notizie dal Dipartimento.
Si fa presente che per le notizie e la documentazione relative alla
materia della prevenzione della corruzione e’ consultabile
un’apposita sezione del sito del Dipartimento («anticorruzione»). In
questa sezione verranno fornite anche informazioni circa la
costituzione ed i lavori del Comitato interministeriale e lo sviluppo
dei lavori per l’elaborazione del Piano Nazionale Anticorruzione.
Roma, 25 gennaio 2013

Il Ministro per la pubblica amministrazione
e la semplificazione
Patroni Griffi

Registrato alla Corte dei conti il 22 marzo 2013
Presidenza del Consiglio dei Ministri, registro n. 3, foglio n. 54

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