Tornare ai controlli preventivi di legittimità

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Tornare ai controlli preventivi di legittimità sugli atti degli enti locali. E’ questa, secondo il presidente della Corte dei conti, Luigi Giampaolino, l’ unica strada da seguire per coniugare autonomia e legalità. Aboliti nel 2001 per effetto della riforma del titolo V della Costituzione (che ha cancellato i Coreco), i controlli andrebbero ripristinati sotto l’ egida della Corte dei conti «organo terzo e imparziale» che consentirebbe di orientare ex ante i sindaci verso comportamenti improntati alla legalità e all’ economicità. Sulla riforma del 2009, che impone un elevato grado di determinatezza delle denunce, Giampaolino ammette: «è un principio di civiltà giuridica» anche se non tiene conto di due fattori. Primo, le procure contabili non godono degli stessi ampi poteri di indagine attribuiti alle procure presso i tribunali ordinari. Secondo, la ritrosia dei pubblici dipendenti nel denunciare. Ecco perché sul punto «sarebbe opportuna una riflessione». A ItaliaOggi il presidente della Corte conti propone la sua ricetta: più controlli sulle società partecipate e più poteri inibitori «in modo da intervenire quando il danno erariale è in atto». Domanda. I dati della relazione 2012 sul costo del lavoro pubblico evidenziano una flessione tutto sommato modesta del numero di dipendenti del comparto regioni-autonomie locali. E questo nonostante le politiche restrittive di contenimento dei costi delle ultime manovre. Il sospetto, dunque, è che i sindaci continuino a fare assunzioni per così dire «allegre» anche se, a giudicare dal numero limitato di sentenze di condanna della Corte conti sembrerebbe il contrario. I sindaci sono diventati improvvisamente virtuosi o questo tipo di illecito fa fatica a venire a galla? Risposta. Credo che sarebbe errato attribuire alle sentenze di condanna emesse dalla Corte dei conti il valore di strumento di misurazione della virtuosità o meno degli amministratori. L’ attività giurisdizionale, ivi compresa quella che si svolge innanzi alla magistratura contabile, ha valenza episodica, in quanto legata alla singola e specifica fattispecie portata all’ esame del giudice che, peraltro, è spesso chiamato a valutarne solo gli aspetti patologici. Di talché è arduo far emergere dall’ esame della casistica giudiziaria valutazioni di sistema. Senza dubbio più adatte a tale scopo sono le risultanze dell’ attività di controllo, quali, per l’ appunto, i dati della relazione da lei citata. Attraverso l’ attività di controllo ad essa affidata (di cui la fase giurisdizionale costituisce il momento sanzionatorio eventuale ma necessario alla chiusura del sistema), la Corte ha, infatti, una vasta e approfondita conoscenza della fisiologicità dell’ azione amministrativa. D. Quali ulteriori poteri potrebbero essere affidati alla Corte per scovare i comportamenti contrari alla legge? Quanto influisce negativamente sul lavoro della Corte il fatto che ora si richiedano denunce circostanziate? R. La previsione normativa che impone un alto grado di determinatezza delle denunce alla Procura contabile risponde, senza dubbio, a un principio di civiltà giuridica. Peraltro, tale disposizione non tiene nel debito conto la circostanza che la stessa Procura non gode degli ampi poteri di indagine attribuiti alle Procure presso i tribunali ordinari né della diffusa scarsità di denunce da parte dei pubblici dipendenti in relazione a comportamenti maturati all’ interno delle stesse amministrazioni. Si tratta di circostanze su cui potrebbe essere opportuna un’ ulteriore riflessione, in considerazione della necessità di favorire un’ azione, quale quella del pubblico ministero contabile, finalizzata alla difesa esclusiva dell’ erario pubblico. A tal fine, riterrei opportuna l’ estensione dei poteri della Corte nei confronti dei soggetti, quali ad esempio le società partecipate, che, nonostante una veste formale privatistica, hanno una natura sostanzialmente pubblica. Parimenti opportuna sarebbe l’ attribuzione al giudice contabile di poteri inibitori idonei a intervenire sul danno erariale in atto, così da impedirne l’ ulteriore realizzazione. D. In materia di personale la Corte purtroppo non può che intervenire quando ormai il danno è fatto. A 11 anni di distanza dalla riforma del Titolo V come giudica l’ abolizione dei controlli preventivi di legittimità sugli atti degli enti locali? R. La disciplina vigente prevede l’ attribuzione della funzione di controllo esterno sulla gestione degli enti locali alla Corte dei conti, organo terzo e imparziale, garante degli equilibri di finanza pubblica delle pubbliche amministrazioni. Si tratta di controlli orientati appunto all’ esigenza del coordinamento della finanza pubblica fra i diversi livelli di governo, per assicurare che tutte e ciascuna delle componenti della Repubblica impieghino correttamente le risorse pubbliche. In tale contesto, vi sarebbe spazio per la reintroduzione di controlli di carattere preventivo anche sugli atti degli enti territoriali. Infatti, da un canto l’ esigenza dell’ autonomia sarebbe garantita dall’ attribuzione di tali controlli alla Corte dei conti, organo terzo e imparziale; d’ altro canto, basterebbe individuare specifiche tipologie di atti degli enti territoriali (quali i principali atti di programmazione comportanti spese, gli atti di variazione del bilancio, gli atti con i quali vengono programmate le risorse di provenienza comunitaria) al fine di valutarne ex ante la loro rispondenza alle norme parametro di coordinamento della finanza pubblica. Tale previsione sarebbe doppiamente auspicabile: per un verso in quanto il controllo preventivo è controllo «dinamico» per eccellenza in quanto orienta, prima ancora che l’ atto stesso entri nel mondo giuridico, l’ azione amministrativa in conformità con i parametri della legalità, economicità, efficacia ed efficienza; per altro verso, a chiusura del regime dei controlli, consentirebbe di introdurre (attraverso un’ apposita auspicabile previsione di legge) anche per le regioni a statuto ordinario, un giudizio di parificazione dei conti consuntivi regionali così come attualmente è previsto per rendiconto generale dello stato e per quelli di quasi tutte le regioni ad autonomia differenziata, anche allo scopo di monitorare il rispetto dei principi del pareggio, dell’ equilibrio e della copertura finanziaria delle leggi di spesa. D. Crede che la nuova procedura sul dissesto introdotta dal federalismo fiscale e che dà maggiori poteri alla Corte conti servirà a far emergere le reali situazioni di difficoltà dei comuni italiani? E, considerando che in caso di dissesto il sindaco è colpito dalla sanzione dell’ incandidabilità, ritiene che questa riforma possa essere dissuasiva? R. Le disposizioni in tema di dissesto, previste dal recente dlgs n. 149 del 2011, hanno introdotto nell’ ordinamento misure particolarmente delicate che esigono grande equilibrio che solo una magistratura speciale, qual è la Corte, può garantire. Difatti, l’ art. 6, comma 2, del dlgs n. 149 del 2011 affida alla sezione regionale di controllo competente della Corte dei conti l’ accertamento dell’ adempimento da parte dell’ ente dell’ adozione delle misure correttive previste dall’ art. 1, comma 168, della legge n. 266 del 2005 in conseguenza di pronunce rese dalla sezione concernenti l’ accertamento di comportamenti difformi dalla sana gestione finanziaria, violazioni degli obiettivi della finanza pubblica allargata e irregolarità contabili o squilibri strutturali del bilancio in grado di provocare il dissesto finanziario dell’ ente locale ed affida alla medesima sezione l’ accertamento della sussistenza delle condizioni di dissesto di cui all’ art. 244 del Tuel ove risulti perdurare l’ inadempimento da parte dell’ Amministrazione nell’ adozione delle misure correttive. Nello svolgimento di tale controllo la Corte potrà far emergere le reali situazioni di difficoltà in cui versano i comuni italiani, accompagnando i percorsi di risanamento attraverso appositi monitoraggi per modo che gli amministratori comunali potranno responsabilmente riorientare le gestioni verso percorsi virtuosi. Va da sé che nei casi in cui l’ amministrazione comunale continuasse a discostarsi dai canoni della buona amministrazione scatterebbero, quale extrema ratio, le previste sanzioni che arrivano sino alla incandidabilità degli amministratori responsabili. La disciplina è stata da poco introdotta e relativamente pochi sono ancora i casi esaminati dalla Corte, anche se già allo stato la disciplina vigente merita un giudizio di apprezzamento anche sul versante della dissuasione da parte degli amministratori dal porre in essere comportamenti non coerenti con i principi della buona amministrazione.

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