Il sindaco seleziona i tagli

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Gli enti locali possono decidere da sè come operare le riduzioni di spesa per consulenze, mostre e convegni, spese di rappresentanza, formazione e missioni, senza rispettare i paletti puntuali fissati dal decreto legge 78/2010, purché mettano a segno l’ importo totale dei tagli. Lo ha stabilito la Corte costituzionale che, con la sentenza 139 depositata il 4 giugno scorso, ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate da alcune Regioni sull’ articolo 6 del decreto legge 78/2010 (si veda anche «Il Sole 24 Ore» del 5 giugno). Il principio La disposizione ha introdotto riduzioni puntuali di spesa che si applicano anche agli enti locali. Nella pronuncia, la Consulta ha ribadito il principio (più volte affermato, a partire dalle sentenze 34/2004 e 417/2005) in base al quale il legislatore statale può imporre vincoli alle politiche di bilancio delle autonomie territoriali solo se stabiliscono un limite complessivo, che lascia agli enti ampia libertà di ripartire le risorse fra i diversi ambiti e obiettivi di spesa. Per la Corte costituzionale, l’ articolo 6 del decreto 78/2010 consente un «processo di induzione (…) che conduce all’ isolamento di un principio comune», in base al quale le amministrazioni regionali devono ridurre le spese di funzionamento di un ammontare complessivo non inferiore a quello stabilito dalla disposizione per lo Stato. A questa conclusione, secondo i giudici, si arriva esaminando il comma 20 dell’ articolo 6 del decreto 78, per il quale le disposizioni non si applicano in via diretta alle Regioni, alle Province autonome e agli enti del Servizio sanitario nazionale ma costituiscono disposizioni di principio ai fini del coordinamento della finanza pubblica. Questa norma va intesa nel senso che i tagli non operano in via diretta, ma solo come disposizioni di principio, anche in riferimento agli enti locali e agli altri enti e organismi che fanno capo agli ordinamenti regionali. L’ operatività Sotto il profilo operativo, quindi, i Comuni e le Province devono anzitutto determinare l’ impatto complessivo degli effetti dell’ articolo 6, calcolando per le varie voci sottoposte al taglio il dato di valore complessivo. L’ analisi riguarda molti elementi che incidono sulla produzione di servizi alla persona (organizzazione di mostre e convegni), sulla comunicazione (pubblicità, relazioni pubbliche, spese di rappresentanza) e sull’ organizzazione delle amministrazioni (consulenze, incarichi, formazione del personale, missioni, autovetture). Una volta determinato il volume complessivo delle riduzioni, ogni ente potrà decidere su quali voci effettuarle, senza dover sottostare ai vincoli specifici stabiliti dall’ articolo 6. Per esempio, un’ amministrazione che deve ridurre per un certo ammontare la spesa per gli apparati amministrativi potrebbe decidere di intervenire prevalentemente sull’ organizzazione delle mostre e sulle attività formative, con tagli superiori a quelli stabiliti dall’ articolo 6 (rispettivamente, il 20% e il 50% della spesa del 2009) e di ridurre meno altre voci. L’ amministrazione potrebbe anche decidere di conservare maggiori risorse per le attività di consulenza e per gli incarichi: per esempio, se prevede di dover far fronte a un contenzioso urgente (il Consiglio di Stato, con la sentenza 2730 dell’ 11 maggio 2012, ha precisato che non è un caso di appalto di servizi legali, ma di un contratto d’ opera intellettuale). Gli enti locali potranno quindi rimodulare le eventuali partizioni di budget relative alle voci di spesa sottoposte all’ articolo 6, secondo le nuove scelte e facendo particolare attenzione comunque a perseguire l’ effetto di ridurre i valori complessivi
corte_costituzionale_139_2012

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